Sono i giovani del
Libano quest’anno a dar voce alle meditazioni della Via Crucis del Venerdì Santo al
Colosseo. A loro, sotto la guida del patriarca di Antiochia dei maroniti, il cardinale
Béchara Boutros Raï, Benedetto XVI aveva chiesto di esprimere, nelle XIV stazioni
della Passione di Cristo, le ansie e le attese dei popoli del Medio Oriente. Al
Colosseo, le nuove generazioni del Libano chiedono il rispetto della libertà religiosa
(VII stazione). Nelle donne di Gerusalemme che piangono Gesù, si possono intravedere
le donne di oggi ferite nella loro dignità e violentate dalle discriminazioni (VIII
stazione), nel peso dei peccati umani. C’è la realtà contemporanea nelle meditazioni
dei giovani libanesi, ma ci sono anche intense preghiere a Dio: per coloro che,
similmente a Pilato, “impegnano la loro autorità al servizio dell’ingiustizia e calpestano
la dignità dell’uomo e il suo diritto alla vita” (I stazione), per chi crede “di potersi
sostituire a Dio e determinare da se stesso il bene e il male”, “in nome della ragione,
del potere o del denaro”, per quel “laicismo cieco che soffoca i valori della fede
e della morale in nome di una presunta difesa dell’uomo”. Di fronte al “fondamentalismo
violento che prende a pretesto la difesa dei valori religiosi” (II stazione), poi,
l’invito è a guardare Cristo, che si è identificato con i deboli. E allora i popoli
umiliati e sofferenti, “in particolare quelli dell’Oriente martoriato” possono portare
proprio con Lui “la loro croce di speranza”. (a cura di Tiziana Campisi e Luca
Collodi).