Francesco :"Uscite incontro agli altri! Verso le periferie dell'esistenza!" La
testimonianza di un 'prete di strada'
"Uscire", andare
incontro agli altri, verso le "periferie dell'esistenza", dove c'è sofferenza, sangue
versato, cecità, dove ci sono "prigionieri di tanti cattivi padroni". "Aprire le porte
del nostro cuore, della nostra vita, delle nostre parrocchie", per non vedere più
lo spettacolo penoso di "tante parrocchie chiuse". La pastorale di Papa Francesco
per la Settimana Santa è racchiusa in questi inviti perentori, ribaditi più volte,
rivolti ai sacerdoti - ai quali il Papa chiede di essere "pastori con l'odore delle
pecore" - e a tutta la comunità ecclesiale. "Quello di Papa Bergoglio è un
annuncio programmatico ma anche un progetto che va realizzato sul campo, nella quotidianità"
commenta don Roberto Sardelli, fondatore nel '68 della Scuola
725 per i baraccati dell'Acquedotto Felice a Roma, uno dei sacerdoti italiani che
praticarono la 'pastorale della strada' nell'immediato dopo-Concilio. "Mi colpisce
il riferimento del Papa a Gesù: Lui è uscito, ha percorso le strade della Terra Santa.
Già cinquant'anni fa mi accorsi che le parrocchie erano chiuse in se stesse, non
erano più strutture portanti dell'annuncio di liberazione del Vangelo. Per quello
scelsi di vivere come sacerdote fra i baraccati". "Francesco - aggiunge don Roberto
- ci spinge ad andare verso le "periferie dell'esistenza", facendoci capire che non
sono solo un fatto toponomastico, ma che le periferie sono anche al centro delle grandi
città, delle grande nazioni. Così al centro di New York, come di Roma, troviamo condizioni
esistenziali di dolore, abbandono, isolamento". "Di fronte a queste realtà, però,
- aggiunge don Sardella - le parrocchie coltivano comunità di ben-pensanti, ben-comportanti
e questo mondo periferico trova difficoltà ad entrare". "Eppure i poveri sono anche,
e soprattutto, portatori di valori per la comunità cristiana" spiega il sacerdote
originario di Pontecorvo. "Il povero non è solo oggetto di amore, è soggetto, è Magistero.
Perché l'incontro con i poveri è l'incontro con il 'Povero', con Colui che - come
ci ricorda Papa Francesco - poteva dire di sé "il Figlio dell'Uomo non ha dove posare
il capo". "In questo senso - spiega don Sardella - i poveri, gli ultimi, diventano
artefici di liberazione, soggetti che propongono modifiche, cambiamenti alle organizzazioni
ecclesiali. L'insegnamento del Vangelo, infatti, resta in eterno, ma le circostanze
mutano. Per questo le parrocchie si sono fossilizzate, non hanno capito che la la
Parola va annunciata in contesti nuovi". In questo senso don Roberto Sardelli
dà un significato particolare all'auspicio di Papa Francesco a realizzare una "Chiesa
povera e per i poveri". "Questa - spiega don Sardelli - e lo dico con carità e amore,
ma anche con imbarazzo, è una montagna da rimuovere. Molto si deve al si dice, ma
molto è vero". "La Chiesa povera dovrebbe essere una Chiesa che assume la dimensione
della povertà e non del semplice pauperismo". "Thomas Mann - spiega - diceva che
la profezia si alimenta nella privazione. Ora la Chiesa, nelle sue strutture, se non
assume la condizione del povero si priva dell'annuncio profetico di liberazione.
E' questo è un macigno da rimuovere". "Il Papa e i vescovi hanno dunque un grande
lavoro davanti" conclude don Sardella. "Quando però Francesco si è presentato come
vescovo di Roma, ma anche come un Papa che viene 'dalla fine del mondo' mi sono chiesto
chi lo informerà sulle condizioni della sua Chiesa? Per questo ho deciso di scrivere
al Pontefice per suggerire un grande dibattitto nella Chiesa locale simile al Convegno
sui 'mali di Roma' che si fece nel '74". (Intervista a cura di Fabio Colagrande)