2013-03-28 15:07:23

Concluso il Vertice di Durban: slitta la creazione di una Banca comune per i Paesi Brics


Slitta la creazione di una banca d'investimenti comune annunciata dalle potenze economiche 'emergenti' del Brics (Brasile, Russia, India, Cina, Sudafrica) nell'ambito del loro quinto vertice annuale, conclusosi ieri a Durban. Un risultato, dunque, a metà, che sembra far emergere la difficoltà a dar corpo a concrete istituzioni unitarie partendo da interessi regionali diversi. Fausta Speranza ne ha parlato con l’economista Giovanni Ferri, docente alle Università Luiss e Lumsa di Roma:RealAudioMP3

R. – L’obiettivo della banca era quello di cercare di curare gli interessi di questi cinque Paesi emergenti, che sono stati individuati come rappresentativi di un più ampio consesso di Paesi emergenti. Questi Paesi, pur avendo obiettivi tra di loro non necessariamente sempre concordi, hanno un obiettivo comune, quello di ridurre il potere, l’importanza degli Stati Uniti e dell’Europa.

D. – Sono emerse più le differenze in questo incontro e non c’è stato un terreno di accordo...

R. – Al momento non c’è stato, perché credo che le aspettative fossero troppo alte. Forse questi Paesi potrebbero ripartire cercando di creare organismi multilaterali tra di loro, per favorire dei progetti di comune interesse, invece di creare nuovi organismi globali. Altrimenti escono fuori le contraddizioni. Non esiste una politica estera o una politica commerciale che vada bene a tutti e cinque, perché ciascuno ha i propri interessi.

D. – Parliamo di Brasile, Russia, India, Cina, accomunati in questa espressione - Brics - nel 2001 dalla Goldman Sachs, perché erano Paesi che avevano prospettive di grande sviluppo. Poi si è aggiunto il Sudafrica. Ma oggi, nella congiuntura economica globale che abbiamo visto in questi anni, che cosa sta accadendo a questi Paesi?

R. – Questi Paesi stanno frenando la loro crescita e la frenata è avvenuta in maniera differenziata tra i cinque. Questa frenata avviene nel contesto di una riduzione dell’espansione a livello mondiale. Questi Paesi, quindi, che si erano affidati alla domanda estera, al commercio estero, alle loro esportazioni per trainare la propria crescita hanno dovuto trovare un altro modello di crescita, basato di più sulla domanda interna. Questo, però, provoca degli squilibri e necessariamente un abbassamento dei tassi di crescita. In Cina questo ha significato portare la crescita dal 10 o 11 per cento al 6 o 7 per cento, e negli altri Paesi, che stavano crescendo un po' meno e che hanno un mercato interno meno grande rispetto a quello della Cina, la crescita si è ridotta ancora di più e si sta riducendo intorno al 2 o 3 per cento.

D. – Il Brics è diventato l’immagine mentale per rappresentare i Paesi emergenti, ma nel frattempo forse altri Paesi si dovrebbero aggiungere in questo elenco?

R. – Io penso che i Brics siano la cresta dell’onda, ma che sotto l’onda ci sia molto altro. Ad esempio, l’Indonesia è un Paese che ha 240 milioni di abitanti e un’economia in forte crescita, mentre la popolazione del Sudafrica è di 50 milioni di abitanti. Credo che ci sia molto altro: la Turchia, per avvicinarci a noi, sta andando molto bene. Ci sono vari Paesi emergenti in giro per il mondo e la classificazione dei Brics, quindi, che ha avuto molto successo a livello mediatico, non ci aiuta più di tanto. L’insuccesso nella formazione di quella banca poi è abbastanza rivelatore del fatto che non vi sia un vero collante tra i cinque Paesi.







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