L’appello del Papa per il Centrafrica: cessino violenze, si trovi soluzione politica
All’udienza generale di ieri, Papa Francesco ha lanciato un appello per la Repubblica
Centrafricana, dove i ribelli della Seleka domenica scorsa hanno preso il potere con
un colpo di Stato e dove in questi giorni la popolazione è sottoposta a saccheggi,
soprusi e violenze:
“Seguo con
attenzione quanto sta accadendo in queste ore nella Repubblica Centroafricana e desidero
assicurare la mia preghiera per tutti coloro che soffrono, in particolare per i parenti
delle vittime, i feriti e le persone che hanno perso la propria casa e che sono state
costrette a fuggire. Faccio appello perché cessino immediatamente le violenze e i
saccheggi, e si trovi quanto prima una soluzione politica alla crisi che ridoni la
pace e la concordia a quel caro Paese, da troppo tempo segnato da conflitti e divisioni."
L'organizzazione
medico-umanitaria Medici Senza Frontiere fa sapere che nella capitale Bangui, a causa
dell'estrema violenza e insicurezza, il personale medico non è in grado di fornire
assistenza medica alla popolazione. Nell’intervista di HeleneDestombes,
della redazione francese della Radio Vaticana, mons. Dieudonné Nzapalainga,
arcivescovo di Bangui, racconta come sono state accolte in Centrafrica le parole di
Papa Francesco e esprime la sua preoccupazione:
R. – Ce message,
que nous accueillons… Questo messaggio che noi accogliamo con grande gioia, lo
facciamo nostro ed io spero che tutti coloro che hanno ancora umanità, che hanno fede,
possano intendere il messaggio di un responsabile religioso che si preoccupa della
popolazione, perché è la popolazione la vittima principale. Tutti i bambini che non
possono più andare a scuola e che vagano ovunque, tutti i funzionari che sono fuggiti
nella savana – e questa è la stagione delle piogge – che non hanno da mangiare né
da bere: queste sono le nostre preoccupazioni. Tutti i malati che stanno morendo perché
non ci sono medicine: questi sono la nostra preoccupazione. Il Papa è solidale con
noi. Tutti coloro che hanno potere politico devono ascoltare questo messaggio religioso
e, con molto rispetto e anche con molta deferenza, possono accettare di alleggerire
la sofferenza del popolo centrafricano, di questo popolo che più che mai aspira alla
pace. Il popolo centrafricano che si prepara anche a celebrare la festa della morte
e Risurrezione di Cristo è un popolo che spera di rimettersi in piedi, come il Risorto.
Più che mai i politici devono coniugare i loro sforzi per offrire una possibilità,
l’occasione e, direi, la grazia a questo popolo di rimanere in piedi.
D. –
Sono cessati i saccheggi? Qual è oggi la situazione a Bangui?
R. – La situation
à Bangui reste précaire… La situazione a Bangui resta precaria. Ci sono stati
ancora saccheggi, che vanno a discapito dell’intera popolazione. Tuttavia, i religiosi
sembrano essere stati presi di mira. Ieri sera, elementi di Seleka sono arrivati dai
padri Lazzaristi che vivono nel Lycée des Rapides; hanno saltato il muro: i guardiani
sono fuggiti, sono rimasti i padri. Hanno forzato le porte, hanno trovato il responsabile,
padre Séraphin Zoga, gli hanno chiesto che fossero consegnati tutti i beni; hanno
preso tutto quello che volevano; e siccome non era sufficiente, lo hanno ferito con
un pugnale e noi abbiamo visto la ferita: c’è la foto di questo padre ferito alla
mano e ai piedi. Queste persone hanno proferito delle minacce dicendo: “Cerchiamo
religiosi e religiose”. Sono sicuramente elementi incontrollati, che osano esprimersi
in maniera inappropriata nei riguardi di un uomo di Dio.
D. – C’è il rischio
che questa crisi politica diventi religiosa?
R. – J’ose espérer que nous n’allons
pas dévier de trajectoire… Spero che non si devii dalla traiettoria. Questa crisi
inizia come crisi politica. Facciamo attenzione alle nostre azioni: se si va sistematicamente
dai padri e le suore a rubare e saccheggiare, la gente si chiederà: “Perché i nostri
padri sono presi di mira, perché non gli imam?”. Questo creerà frustrazione, odio,
vendetta. Ecco perché i responsabili devono essere vigili, lanciare appelli chiari
e netti affinché le persone impegnate con Dio siano protette. Penso che non si debba
fare di tutt’erba un fascio; io continuo a sperare ancora che si tratti di elementi
incontrollati, che però possono ancora essere controllati dai responsabili: diversamente,
essi lasceranno intendere che ci sia qualcosa sotto di organizzato, ed essi dovranno
assumersi la responsabilità delle conseguenze che ne deriveranno.