Iran contro la Lega Araba dopo la decisione di affidare un seggio all'opposizione
siriana
In Siria, proseguono le violenze. Il rifiuto della Nato alla richiesta dei ribelli
di fornitura di missili Usa per proteggere le aree liberate è stato oggi duramente
criticato dal presidente dimissionario della Coalizione Nazionale Siriana Ahmed Moaz
al-Khatib che ha denunciato l'esistenza di “una volontà internazionale” perché “la
Rivoluzione non esca vittoriosa" dal conflitto.Nel frattempo sono di segno diverso
i commenti sul via libera della Lega Araba, ieri a Doha, alla fornitura di armi ai
ribelli. Stamani, l’Iran, storico alleato del presidente Assad, ha deprecato la decisione
di consegnare il seggio vacante di Damasco proprio all’opposizione e ha parlato di
“pericoloso precedente”. Una presa di posizione scontata come sottolinea, al microfono
di Benedetta Capelli, Massimiliano Trentin, ricercatore di Storia del
Medio Oriente all’università di Bologna:
R. – Sì, è un
passaggio scontato in quanto l’Iran si trova decisamente a favore e a sostegno, sia
politico che logistico ma anche militare, nei confronti del regime di Bashar Al Assad.
Un passaggio scontato che dimostra come purtroppo in Siria si stia combattendo non
solo una guerra civile, ma anche una guerra regionale che vede contrapposti il regime
di Bashar al Assad, gli alleati libanesi di Hezbollah - ma non solo in Libano - e
l’Iran e, dall’altra parte, un arco di forze guidate dai Paesi arabi del Golfo - Arabia
Saudita e Qatar - con l’appoggio un po’ più velato della Giordania, un appoggio di
primissimo piano della Turchia, e sostenuto poi da Francia, Gran Bretagna e in secondo
piano dagli Stati Uniti. Questo è un po’ il quadro.
D. – Divisioni e blocchi
si stanno anche riverberando nella stessa opposizione siriana, che appare molto divisa
al suo interno con al Khatib che ieri, da Doha, ha indicato una propria linea politica,
anche se poi ufficialmente ha dato le sue dimissioni…
R. – E’ un passaggio
veramente molto importante e molto grave, quantomeno dal mio punto di vista, in quanto
al Khatib poteva rappresentare un punto di legame per una soluzione anche politica
alla crisi. Anche perché al Khatib ha criticato e denunciato il regime per decenni,
stando all’interno della Siria. Al contrario, però, i Paesi arabi del Golfo e in particolare
il Qatar hanno fatto un’operazione di forza e hanno imposto, come primo ministro di
questo governo fantomatico, Hitto che invece per decenni ha vissuto negli Stati Uniti,
non è conosciuto dalle opposizioni. Questo ha fatto sì che l’esercito libero siriano
abbia disconosciuto la sua nomina proprio perché la vedeva come un atto di forza da
parte di Paesi come il Qatar, ma anche di governi europei. Purtroppo, la situazione
è questa: c’è la soluzione militare contro una possibile apertura di una soluzione
politica.
D. – Da un lato, il via libera della Lega Araba alla fornitura di
armi ai ribelli, dall’altro alto, invece, il "no" della Nato all’impiego di missili
Patriot sulle zone liberate della Siria: quale impronta stanno dando al conflitto
nel Paese siriano, quali scenari lei intravede?
R. – Purtroppo, al momento
io vedo un’escalation militare perché da un lato abbiamo il regime di Damasco
che, tra l’altro, da poco ha riconquistato il luogo simbolico di Homs, una delle città
epicentro della guerra che è il distretto centrale di Bab Amr. Dall’altra parte, le
opposizioni militari che sono avanzate negli ultimi mesi ma che stanno combattendo
al loro interno, tra di loro con alcuni episodi di scontri. L’approvazione, la legittimazione
ufficiale di quanto succedeva già prima, cioè l’invio di armi attraverso la Turchia,
ai ribelli siriani, da parte di altri Paesi arabi spinge per una radicalizzazione
dello scontro. Sembra che stia prevalendo, quantomeno a livello internazionale, l’opzione
di armare i ribelli e di puntare ancora sullo scontro militare come chiave di volta,
come elemento risolutivo di un conflitto che vede, invece, dall’altra parte una capacità
anche di resistenza militare notevole alla parte del regime di Damasco. E’ una situazione
che si evolverà con un proseguimento di questa guerra di logoramento all’interno del
Paese.