Vertice Lega Araba. Oppositori siriani: a noi il seggio Onu di Damasco
Il summit della Lega araba a Doha ha dato agli stati membri il "diritto" di fornire
ai ribelli siriani tutti i mezzi, incluse le armi, per garantire la propria autodifesa.
Così la risoluzione finale. A rappresentare la Siria all’incontro il leader dimissionario
della coalizione al Khatib, riconosciuto come unico interlocutore, che durante il
suo intervento ha chiesto che all'opposizione siriana sia conferito il seggio di Damasco
all'Onu e che gli Usa schierino i missili anti-missile Patriot a protezione delle
aree liberate nel nord della Siria. Pronta la replica della Nato, che, attraverso
fonti riservate, ha escluso iniziative alleate di tipo militare. Sul terreno ancora
violenza: un’autobomba è esplosa in un quartiere settentrionale di Damasco, provocando
3 morti e decine di feriti. In Qatar era presente anche Ghassan Hitto, premier designato
che sta lavorando alla nascita di un governo ad interim nelle zone della Siria
sotto il controllo dei ribelli. Salvatore Sabatino ne ha parlato con la collega
Susan Dabbous:
R. – L’opposizione
siriana si presenta a questo vertice evidentemente divisa. La divisione si palesa
anche attraverso le due figure chiave che presenzieranno il summit. Da un lato, c’è
il nuovo primo ministro del cosiddetto “governo in esilio” che è stato eletto la settimana
scorsa, ovvero Ghassan Hitto, e dall’altro lato c'è invece il capo della coalizione
siriana "Syrian National coalition", Moaz al Khatib, che è dimissionario ma la sua
presenza è stata richiesta al vertice.
D. – Pare che questo vertice si trasformi
anche in occasione di dialogo tra le diverse anime dell’opposizione…
R. – Sì,
sicuramente, perché verrà innanzitutto chiesto ad al Khatib di ritirare le sue dimissioni,
seppure sia stato fortemente criticato per le sue aperture al negoziato, al dialogo
con il regime di Damasco. Questa è una delle ragioni per cui ha subito forti pressioni
e per cui ha deciso di dimettersi.
D. – Lo stesso mondo arabo è molto diviso.
I governi cosiddetti amici restano solo quelli dei Paesi confinanti, Iraq e Libano.
Ora, però, con la caduta del governo cosa accadrà, cosa possiamo prevedere?
R.
– Il Libano attualmente sta soffrendo moltissimo della crisi siriana. Parte delle
ragioni delle dimissioni del primo ministro libanese, Mikati, è dovuta alla crisi
siriana e sicuramente si manterrà quella che formalmente il Libano ha definito una
politica neutra. Sostanzialmente, c’è un appoggio concreto al regime di Damasco perché
dal Libano passano aiuti, continuano gli scambi commerciali e c’è un coinvolgimento
diretto di una parte del governo libanese che è quella di Hezbollah. Dall’altro lato,
però, c’è un serio e concreto tentativo di arginare la crisi siriana e non farla dilagare
completamente. Perché se è vero che in Libano in questo momento ci sono scontri e
situazioni molto critiche, è vero pure che la situazione è ancora contenuta in alcune
zone.
D. – Sull’altro fronte, ci sono invece Paesi come la Turchia, il Qatar,
l’Arabia Saudita a sostegno degli oppositori?
R. – Sì, però dietro la spaccatura
all’interno dell’opposizione siriana c’è l’antagonismo esistente tra il Qatar e l’Arabia
Saudita e tra i sostenitori e i finanziatori dei Fratelli musulmani e dei salafiti.
Quindi, nell’area dei partiti islamisti abbiamo spaccature profonde. Queste spaccature
sono sulla visione politica che si ha della Siria del dopo Assad. In questo momento,
si stanno accelerando queste spaccature perché è evidente che il regime sta iniziando
ad accusare fortemente l’avanzata dei ribelli anche nella capitale e con l’illusione
che il regime sul punto di acdere si accelerano anche le lotte per la corsa alla poltrona.
D.
– Nel suo discorso, al Kathib ha introdotto numerosi temi tra i quali quello concernente
il pericolo rappresentato dalle armi chimiche nel Paese…
R. – Questo è un tema
profondamente serio e drammatico. Dal Libano, anche dalla Turchia, è possibile vedere
ospedali che prendono in cura profughi siriani che portano sul corpo i segni di armi
non convenzionali. Ovviamente, in questi casi perdersi nella definizione “tecnica
di arma chimica” o “armi con agenti chimici” è puramente retorico, perché l’utilizzo
di sostanze deturpanti è assolutamente assodato. Per cui, ovviamente, Kathib che ha
uno sguardo umano sulla questione ha fatto leva proprio su questo, mentre la comunità
internazionale sta intraprendendo una ricerca, un’indagine per vedere se si stratta
delle cosiddette armi chimiche. Era la famosa "linea rossa" che aveva tracciato Obama
e che, però, anche in questo caso sembra non essere, alla fine, così definitiva.