Brics: verso accordo per Banca di sviluppo alternativa a Banca mondiale e Fmi
I paesi Brics – ovvero Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica - avrebbero raggiunto
un'intesa per la creazione di una banca di sviluppo per il finanziamento congiunto
di grandi progetti infrastrutturali. Lo ha annunciato, a margine del vertice in corso
a Durban, il ministro sudafricano delle Finanze Gordhan. La nuova istituzione finanziaria
viene concepita come alternativa alla Banca mondiale e al Fondo monetario internazionale,
enti collegati alle Nazioni Unite. Roberta Gisotti ha intervistato l’economista
Riccardo Moro, docente di Politiche dello sviluppo all’Università Statale di
Milano:
R. – L’idea
di una Banca di sviluppo promossa dai cinque Paesi è stata lanciata qualche anno fa
e ha incontrato diverse difficoltà all’interno degli stessi cinque Paesi. Il Sudafrica,
che ospita il Vertice, fortemente vuole il "battesimo" della banca e se possibile
anche la scelta di usare questo Paese come sede. Le prospettive reali di una banca
di questo tipo sono in realtà consistenti. Questi Paesi hanno la possibilità di finanziare
questo strumento molto agevolmente, grazie alla grande quantità di riserve anche internazionali
di cui dispongono. Il nodo vero però è, da un lato, quanto all’interno di questi Paesi
si riescano a comporre interessi e rivalità e, dall’altro, quanto questi cinque Paesi
anche attraverso lo strumento della Banca di sviluppo possano diventare un polo di
attrazione per Paesi del sud del mondo, in modo particolare l’Africa, ma anche per
alcuni Paesi asiatici e modificare gli equilibri geopolitici del Pianeta.
D.
– E’ vero che molte critiche sono state mosse in passato alla Banca mondiale e al
Fondo monetario internazionale di non avere promosso vero sviluppo nei Paesi più svantaggiati.
Ma non c’è il rischio di illudersi su questa nuova istituzione? Quali sbagli non bisogna
fare?
R. – La proposta dei "cinque" è una Banca, punto e basta. Dunque, non
c’è molto di alternativo rispetto a ciò che attualmente è rappresentato dalla realtà
della Banca mondiale e del Fondo monetario internazionale. Se si vuole guardare a
qualcosa che tagli radicalmente con il passato, bisogna guardare all’America Latina
e alla proposta di nuova architettura finanziaria che sta crescendo intorno all’idea
del “Banco del Sur”, intorno al “Sucre”, cioè una moneta comune e al “Fondo de reservas”
che da diversi anni, all’interno dell’Unione delle nazioni sudamericane (Unasur),
si sta sviluppando. In quell’ambito, c’è veramente la voglia di costruire anche sistemi
di governance interni, strumenti finanziari diversi, che permettano una partecipazione
dal basso sia delle comunità, sia una partecipazione paritetica degli Stati.
D.
– Ma con questa nuova istituzione finanziaria l’economica globale non esce dalla sfera
delle Nazioni Unite?
R. – Con una battuta polemica, si potrebbe dire che non
lo era neanche prima, perché di fatto i Paesi più ricchi hanno più potere e sostanzialmente
Stati Uniti, Europa, con un piccolo contributo di Canada e Giappone, monopolizzano
il processo decisionale, cosa che obiettivamente non avviene nelle agenzie delle Nazioni
Unite e ancora meno in sede di Assemblea generale o di Consiglio di sicurezza o del
Consiglio economico e sociale dell’Onu (Ecosoc).
D. – Quindi, una struttura
che in qualche modo risponda alla nuova geopolitica…
R. – Senza dubbio, sì,
nel senso che non è immaginabile fermare i processi con veti. Nel momento in cui c’è
fatica a mettere in atto un’iniziativa politica per rendere coeso il quadro internazionale
è chiaro che gli ‘attori’ si muovono anche singolarmente o in gruppi. Il gruppo dei
Brics da molti anni si incontra per riflettere insieme anche sulle posizioni da tenere
nelle sedi internazionali multilaterali e da cinque anni ha deciso di darsi un’agenda
comune più forte.