Nozze gay in Francia e Stati Uniti: la politica soffoca un vero dibattito popolare
Aumentano i Paesi che aprono alle nozze gay e cosi anche le manifestazioni popolari
contrarie, come accaduto domenica a Parigi, in Francia, dove oltre un milione di cittadini
sono scesi in piazza, ed è la seconda volta quest’anno, per fermare il varo definitivo,
in Senato, della Legge - già approvata lo scorso mese dall’Assemblea nazionale - che
consente i matrimoni omosessuali. Intanto negli Stati Uniti la Corte Suprema apre
oggi le udienze per stabilire la legittimità a livello federale delle nozze gay, come
sollecitato dal presidente Obama. Roberta Gisotti ha intervistato il dott. Pietro
Boffi, sociologo, responsabile del Centro Documentazione del Centro Internazionale
Studi Famiglia (Cisf)
D. – L’impressione
è che le lobby favorevoli alle nozze gay stiano aggirando il consenso popolare, puntando
direttamente alle maggioranze parlamentari. Lei, da sociologo – oltre che da cattolico
– come valuta questo modo di procedere?
R. – Devo dire che mi ha abbastanza
sorpreso. Ho seguito da vicino la vicenda francese: dove, ad esempio, la Chiesa e
i cattolici impegnati in politica si sono comportati molto bene. Hanno detto una semplice
cosa: “Apriamo il dibattito”: c’è un testo preciso che si chiama “Ouvrons le débat”.
Ed hanno richiesto che su una tematica così importante, che attiene alla sfera antropologica,
all’essenza più importante dell’umano, si potesse parlarne, discuterne e dibattere.
E devo dire che anche le manifestazioni che ci sono state, e le prese di posizione
pubbliche, sono state molto composte, molto ordinate, rispettose ed assolutamente
non aggressive verso chi la pensa diversamente. Mi sarei aspettato che, appunto, ci
fosse una possibilità di discutere approfonditamente, di valutare le ragioni contenute
nei vari documenti che si sono susseguiti anche da parte di altre personalità religiose
– penso al Gran Rabbino di Francia, Gilles Bernheim … Invece niente di tutto questo!
C’è proprio un’accelerazione, proprio per la paura che possano emergere posizioni,
tra la popolazione, diverse da quelle discusse in aula della Camera, prima, e del
Senato ora, in Francia.
D. – Che dire anche degli Stati Uniti, dove la questione
è arrivata alla Corte Suprema che entro giugno, così come richiesto direttamente dal
presidente Obama dovrà pronunciarsi sul tema delle nozze gay, in questo caso imponendosi
sulla legislazione degli Stati federati?
R. – Sì: gli Stati Uniti hanno un
tipo di situazione come dire ‘a macchia di leopardo’. A livello federale c’è il “The
Defense of Marriage Act”, che sarebbe la legge che dichiara che non sono possibili
matrimoni tra persone dello stesso sesso. Ma livello statale, cioè dei singoli Stati,
ci sono state delle legislazioni che hanno riconosciuto esclusivamente nei propri
confini il valore del matrimonio tra persone dello stesso sesso. Quindi si è creata
una situazione caotica, perché non appena uno si trasferisce di Stato non è più sposato,
e se torna di là lo è, e quindi si pongono gravi questioni patrimoniali, ereditarie
… Quindi, è una situazione in grande ‘effervescenza’. E’ noto che ultimamente il presidente
Obama ha preso in generale una posizione a favore del tema dei matrimoni omosessuali,
e quindi questa questione giuridica, tipicamente americana, legata all’essere una
Federazione di tanti Stati, in certa misura autonomi, sta arrivando al nodo.
D.
– Auspicando appunto un dibattito popolare, sarebbe utile anche sgomberare il campo
dall’identificare chi è contrario ai matrimoni gay con una persona che discrimina
la persona gay …
R. – Assolutamente, sì. Ci sono delle premesse da porre, e
tra queste quella che non vanno demonizzati né gli uni né gli altri. Ad essere onesti
e franchi, veniamo da una lunga stagione in cui davvero ci sono state espressioni
anche di violenza e di aggressività e di rifiuto delle persone omosessuali, in tutti
i sensi e in tutti i campi. Ora siamo passati quasi dalla parte opposta, per cui chiunque
osi sostenere e dire che è contrario a definire ‘matrimonio’ l’unione tra due persone
dello stesso sesso - come anch’io sostengo - e che eventualmente i rapporti, le relazioni,
le unioni sono altra cosa, di altro genere rispetto a quello che è in essenza il matrimonio,
viene subito tacciato di essere una persona che discrimina, quando non si dice che
opprime intere classi di persone. Bisognerebbe incominciare a poter discutere liberamente,
a vedere su quale fondamento dobbiamo poggiare – appunto – il matrimonio. Questo è
vero soprattutto – come sta avvenendo anche in Francia – per la questione della filiazione:
cioè, i bambini coinvolti sia nella procreazione più o meno artificiale, nelle adozioni
da utero surrogato o in affitto o in prestito, come si usa dire, nell’acquisto – più
o meno – di gameti, ecco tutte queste cose entrano in questa vicenda dei matrimoni
gay. E bisognerebbe valutarle estremamente bene, mentre invece mi pare che – ripeto
- ci sia un’accelerazione molto forte, priva del necessario approfondimento di tali
questioni.