di don Matteo Crimella, biblista (Pontificia Facoltà Teologica Italia Settentrionale
- Pontificia Università Urbaniana) Un linguaggio
semplice, accessibile a tutti, fatto di frasi brevi, poche subordinate, vocaboli ordinari,
ripetizione delle parole chiave. Dietro si sente la profondità di un pensiero, di
un uomo che riflette, che prega e che comunica una grande esperienza, un uomo che
ha una visione complessa della realtà e la spiega anche citando piccoli episodi della
propria vita (per esempio, sua nonna nell'omelia della Domenica delle Palme, o un’anziana
donna al primo Angelus). E' uno stile di grande valenza pedagogica, che rivela la
forza di una comunicazione che emerge soprattutto quando il Papa si distacca dal testo
e parla a braccio. Allora questa potenza espressiva si sente moltissimo, quando alza
i fogli e guarda l’uditorio. Un vecchio detto del Talmud dice: “Ciò che esce dal cuore
entra nel cuore”. E’ il caso di Francesco. Noi sentiamo che dal cuore di quest’uomo
viene fuori qualcosa di molto intimo che egli riesce a comunicare in maniera molto
diretta. "Io quella domenica 17 marzo ho confessato due ore di fila in una
parrocchia della periferia milanese", racconta ancora don Crimella, docente di Esegesi
del Nuovo Testamento. "Tutti mi hanno detto: sono dieci, quindici anni che non mi
confesso, ho sentito la necessità di venire. Poco prima il Papa nel suo primo Angelus
aveva parlato della misericordia di Dio. E in tantissime persone ha suscitato immediatamente
il desiderio di vivere questa esperienza. E’ un segno bellissimo". (a cura di Antonella
Palermo)