Ancora spari al confine tra Siria e Israele nella zona del Golan
Israele reagirà “immediatamente” al fuoco proveniente dalla Siria nella zona delle
Alture del Golan. E’ l’avvertimento del neo ministro della Difesa dello stato ebraico,
Yaloon. Stamattina, i soldati israeliani hanno sparato contro una postazione militare
siriana dopo essere stati colpiti - per la seconda volta in 24 ore – da proiettili
provenienti dalla parte siriana del Golan. Sul fronte interno, invece, il leader della
Coalizione Nazionale, al-Khatib, ha annunciato le sue dimissioni dalla guida della
principale piattaforma dell’opposizione. “Tutto quello che sta avvenendo – ha scritto
al Khatib sulla sua pagina Facebook - non è sufficiente per adottare una risoluzione
internazionale che consenta al popolo siriano di difendersi”. La coalizione nazionale,
nata 5 mesi fa, raggruppa gran parte delle forze che si oppongono al regime di Assad.
In
questi giorni intanto, nelle parole di Papa Francesco, è risuonata più volte la parola
“pace”, un bene prezioso che per la Siria purtroppo resta ancora solo una speranza.
Giancarlo La Vella ha sentito il nunzio apostolico a Damasco, mons. Mario
Zenari:
R. - Partendo
dalle immagini che abbiamo vissuto in questi ultimi giorni, qui in Siria continuano
le “fumate nere” per quanto riguarda la pace. Da due anni osserviamo ogni giorno,
qua e là, dense colonne di fumo nero che si innalzano per centinaia di metri nel cielo.
Queste colonne di fumo nero sono dovute a esplosioni e a bombardamenti. Ecco, sì,
io vorrei commentare un passaggio del Santo Padre e precisamente quando ha detto che
“Non vi è vera pace, senza verità. Non vi può essere vera pace se ciascuno è la misura
di se stesso, se ciascuno può rivendicare sempre e solo il proprio diritto, senza
curarsi allo stesso tempo del bene e degli altri”. Ecco, a partire da quanto si sta
vivendo in Siria, e in altri Paesi del mondo che soffrono a causa di guerre civili,
viene spontaneo osservare come sia facile la tentazione di pensare di vincere con
la forza: con la forza si può ridurre tutto a silenzio, ma sotto le ceneri il conflitto
e l’odio non sono spenti. Quello che è importante non è vincere la guerra, ma conquistare
la pace. Questo obiettivo naturalmente si ottiene assieme: è un cammino arduo quello
per ottenere la pace; è un cammino lungo e tortuoso, che richiede grande coraggio,
ma non ci sono altre vie; è un cammino che comporta la ricerca di buoni e necessari
compromessi, cosa che - in fondo - non significa perdere, ma significa guadagnare.
D. - Papa Francesco parlava dell’importanza di creare ponti per favorire un
dialogo tra etnie e religioni diverse, come l'Islam, e quindi per favorire alla fine
la pace…
R. - Bisogna tentare di farlo e direi che questa è una parte fondamentale
del ministero del Papa come Vicario di Cristo: unire gli uomini a Dio e gli uomini
tra di loro.
D. - Essere Francesco, diventare Francesco: una scelta per ognuno
di noi. E' questa, forse, la strada per risolvere la crisi siriana?
R. - Certamente
sì. Francesco è colui che ha vivamente ripercorso l’immagine di Gesù agli occhi dei
suoi contemporanei, agli occhi di tutto il mondo e direi di ciascun uomo, al di là
della religione che professa. Questo Santo è conosciuto e venerato da queste parti,
perché i francescani sono in Terra Santa, in questi luoghi e anche in Siria da diversi
secoli. Adesso speriamo nel suo ministero, perché molto ci aspetta anche e soprattutto
da queste parti, da Papa Francesco.