Padre Cantalamessa: Papa Francesco, un nome che apre ancora di più la Chiesa al mondo
“Custodire” è una delle parole che Papa Francesco ha più volte ripetuto nei suoi discorsi
e nelle omelie. Custodire il creato, sull’esempio del poverello d’Assisi, ma non solo;
custodire significa pure essere accanto agli altri con amore e tenerezza ed averne
cura. Su questi temi Benedetta Capelli ha raccolto il commento di padre
Raniero Cantalamessa, predicatore della Casa Pontificia:
R. - Io sono
sicuro che il Papa, da buon conoscitore di Francesco, sa che per Francesco e per tutto
il Medio Evo il problema della conservazione del creato non si poneva come oggi, era
molto diversa. Era più che altro un atteggiamento "dossologico" quello di Francesco:
il creato veniva custodito nel suo senso profondo, i cieli e la terra che narrano
la gloria di Dio. Per cui io dico che Francesco era la levatrice che estrae dai cieli
e dalla terra la lode nascosta di Dio che contengono, ma che non possono proclamare,
non possono dare alla luce.
D. - Quindi custodire vuol dire anche stare accanto
agli altri con attenzione, con amore, con tenerezza…
R. - Come Giuseppe custodiva
Maria, i mariti dovrebbero custodire le mogli e viceversa; custodire i figli. Poi
ha aggiunto qualcosa che era nuovo: custodire se stessi e quindi custodire il proprio
cuore dal male. Io dico che miliardi di gocce di acqua sporca non faranno mai un oceano
pulito così come miliardi di cuori sporchi non faranno mai un’umanità e un creato
pulito.
D. - Parlare di custodia, di custodire, è veramente un termine quasi
controcorrente rispetto alla tendenza che l’uomo di oggi ha di dissipare…
R
- Certo. Quella parola del Papa si può prestare a tanti usi. Custodire anche le cose,
come ci faceva una volta, che si riparavano le cose, si facevano durare. Il Papa ci
dà un ottimo esempio, per quanto piccolo, proprio usando le sue scarpe: è un modo
di usare fino in fondo le cose che servono.
D. - Da francescano, quando ha
saputo che il nuovo Papa si sarebbe chiamato Francesco cosa ha pensato?
R.
- Ho avuto un tuffo al cuore, perché evidentemente era già in sé un messaggio enorme.
Ma devo dire di più: ho avuto occasione di conoscere il cardinale Bergoglio da vicino
e l’ultima volta - l’ottobre scorso - ho predicato un corso di esercizi al suo clero,
con lui presente e ho capito che il nome di Francesco non sarebbe potuto cadere su
spalle migliori delle sue, perché è un uomo - per come lo ho conosciuto - veramente
umile, semplice, che stava in disparte. Alle volte io stesso mi domandavo: ma non
stiamo mancando di rispetto verso il cardinale, lasciandolo su una sedia in mezzo
agli altri, nel palco? Lui ci stava con grande naturalezza e quello che mi sono detto
dopo aver sentito le prime battute, le sue prime parole, è: la persona che appare
è quella vera.
D. - Con quali sentimenti si appresta a predicare nel Venerdì
Santo, nella Basilica di San Pietro?
R. - Questa è la 34.ma Quaresima e quindi
non c’è più - come dire - l’emozione o la trepidazione, però è un’emozione grande
farlo di nuovo davanti a questo Papa che ammiro, amo moltissimo. Io tacerei, perché
lui con due parole ottiene molto di più di quello che io faccio con una predica intera:
anzi neanche con due parole, ma con un solo gesto che fa ottiene di più. Bisogna anche
esercitare questo ministero e lui ha dato anzi segno di essere capace di stare li,
ore e ore, ad ascoltare un semplice sacerdote. Quindi questo mi incoraggia. Come forse
lei sa, io sono stato invitato a dare una delle due meditazioni al Conclave e quindi
lo ho già visto, gli ho già parlato e avevo, in quel momento, proprio davanti il cardinale
Bergoglio.
D. - Adesso ripensandoci, lo ha sentito come un interlocutore più
attento?
R. - Era lì, modesto come sempre, proprio defilato… Non avrei mai
pensato di trovarmi davanti al futuro Vescovo di Roma, come ama chiamarsi. Quando
lo ho saputo, è stata veramente un’esperienza epocale: in pochi secondi si è passati
dall’attesa spasmodica a un istante di sconcerto - perché nessuno conosceva questo
nome e la maggioranza della piazza non sapeva chi fosse - e poi dopo le sue prime
parole ad una esplosione corale di simpatia. Lì si è vista proprio la forza del messaggio
dei segni. Io credo che farà una grande evangelizzazione semplicemente con questo
suo modo di essere.
D. - E’ impressionante capire questo cambio di direzione
della piazza: lei diceva il silenzio e poi l’esplosione di gioia, ma semplicemente
anche al nome di Francesco...
R: - Certo. Questo indica che Francesco è davvero
l’uomo universale nel senso più pieno, perché è aperto al creato, è aperto agli uomini,
è aperto ai poveri, è aperto alla pace; è universale anche perché è l’uomo accettato
da tutti. Francesco ha seguaci e ammiratori presso i buddhisti, i taoisti, i musulmani…
E’ stato in Assisi che Giovanni Paolo II ha voluto fare gli incontri tra le varie
religioni, proprio perché Francesco rappresenta questo, rappresenta Gesù, perché Francesco
non è altro se non un segno di Gesù.
D. - Come la Chiesa si appresta a vivere
questa Settimana Santa con un Papa nuovo?
R. - Ci aspettiamo, già ne abbiamo
avuti, dei segni nuovi, di novità. Sarà un’emozione per lui, immagino, che è abituato
a fare le cose con tante discrezione, con umiltà, di filato; adesso non potrà più
defilarsi e sarà sotto le telecamere di tutto il mondo…. Ma ci starà con una tale
semplicità, umiltà, come abbiamo visto. Sarà lui che farà la predica del Venerdì Santo,
non io…