Giornata dei missionari martiri: Pérez Esquivel e mons. Zuppi ricordano l'arcivescovo
Romero
Si è celebrata ieri la Giornata di preghiera e di digiuno in memoria dei missionari
martiri, promossa in occasione dell’anniversario dell’assassinio dell’arcivescovo
di San Salvador, mons. Oscar Arnulfo Romero, avvenuta il 24 marzo 1980 durante la
celebrazione dell’Eucaristia. Agli incontri organizzati a Roma per la giornata è stato
presente anche l’attivista argentino per i diritti umani Adolfo Pérez Esquivel,
Premio Nobel per la Pace per la sua strenua opposizione alla dittatura nel suo Paese.
Mónica Zorita gli ha chiesto un ricordo di mons. Romero:
R. – Romero
es un mártir... Romero è un martire, un profeta della Chiesa. Il messaggio che
ci dà è quello di essere coerenti con il Vangelo in ciò che si dice e in ciò che si
fa. Credo che un’altra cosa che si potrebbe aggiungere a questo sia il condividere
il pane, che alimenta il corpo, alimenta lo spirito e la libertà. La libertà, infatti,
è possibile unicamente nell’amore. Credo che partendo da questo possiamo vivere il
messaggio del Vangelo.
Alla Giornata per i missionari martiri, nel ricordo
di mons. Romero, partecipa anche il vescovo ausiliare di Roma Matteo Maria Zuppi.
Mónica Zorita lo ha intervistato:
R. – La morte
di mons. Romero in tutta la Chiesa aiuta a ricordare i tanti martiri che ancora oggi
offrono la loro vita, i tanti martiri missionari, le tante persone che vengono uccise
ancora oggi a causa della fede. Ha molto da dire in questo Anno della Fede. Mons.
Romero era un uomo di fede e la sua passione per i poveri e per la Chiesa derivava
proprio dalla sua fede. Credo che riveli molto della nostra tiepidezza. Il documento
“Porta Fidei” indicava come rischio peggiore per il cristiano proprio quello della
tiepidezza. Infine, credo che mons. Romero ci unisca alla passione della Chiesa latino-americana
e che l’elezione del nostro nuovo vescovo di Roma, Papa Francesco, ci faccia ricordare
tutta la fatica, la passione, la lotta, la ricerca della Chiesa latino-americana per
una Chiesa – come ha detto Papa Francesco – povera e vicino ai poveri.