Delusione per lo slittamento della chiusura degli Opg: il commento di don Zappolini
“Abbiamo lavorato moltissimo perché il provvedimento sugli ospedali psichiatrici giudiziari
passasse dalla carta ai fatti, abbiamo i progetti, ora dobbiamo dare il tempo alle
Regioni per adeguare le strutture, perché chiuderle e basta non avrebbe risolto i
problemi". A commentare così la proroga di un anno della chiusura degli Ospedali psichiatrici
giudiziari (Opg), decisa venerdì dal governo, è il ministro della Giustizia, Paola
Severino. Un fatto gravissimo, secondo quanti si erano impegnati per l’abolizione
entro il 31 marzo 2013 di questi istituti come ci conferma, al microfono di Adriana
Masotti, don Armando Zappolini, presidente del Cnca e membro del Comitato
Nazionale “Stop Opg”:
R. - E’ un fatto
grave, perché si sperava davvero che potesse concludersi questa pagina così umiliante
per il nostro Paese. Una delle cose più belle e indimenticabili che disse il Papa,
nel suo primo saluto, è che veniva dalla fine del mondo, ma ci sono delle fini del
mondo che sono molto vicine a noi: luoghi così lontani dai quali non arrivano le grida
fino a dove noi viviamo! Questa cosa ha creato una reazione molto forte con gli organi
istituzionali, anche i sindacati, ma anche i cappellani delle carceri e tutte le associazioni
che, in qualche modo, incrociano la vita di queste persone, dei detenuti.
D.
- Nonostante i milioni di euro stanziati le regioni non sono state capaci di predisporre
per tempo le strutture sostitutive agli Opg, ma c’è anche un dato positivo: la vostra
idea alternativa agli ospedali è diversa e quindi - voi dite - c’è ancora spazio per
muoversi su binari diversi. E’ così?
R. - C’è anche questa cosa. Noi stavamo
criticando fortemente l’impostazione che in alcuni territori questa soluzione stava
prendendo. Però, dall’altra parte questa data del 31 marzo è una data che ritenevamo
importante, perché di fatto era la scadenza della fine di una storia umiliante del
nostro Paese.
D. - Lo stesso Napolitano ha detto che è inaccettabile e intollerabile
per un Paese che si voglia definire appena civile consentire che queste strutture
restino aperte, anche un solo giorno in più…
R. - Negli Opg la situazione è
ancora più umiliante e devastante che non quella delle carceri normali. La caratteristica
di essere detenuti e insieme persone malate di mente con pericolosità sociale fa sì
che ci siano solo forme di contenimento che molte volte - a causa anche della precarietà
dei fondi, delle strutture fatiscenti - produce davvero delle umiliazioni alla dignità
umana. La tortura nelle carceri fatta dal sovraffollamento non è niente a confronto
dei trattamenti, perché sono persone contenute molte volte con pesanti dosi di farmaci,
che non hanno spazi di autonomia; molte volte sono lì per proroghe di 6 mesi in 6
mesi, al di là anche del periodo di detenzione stabilito dal giudice, perché non c’è
alcuna struttura di salute mentale del territorio che si fa carico di un loro percorso
di riabilitazione.
D. - Qual è adesso l’impegno di chi finora si è occupato
di questa questione?
R. - Noi continueremo come campagna “Stop Opg” a cercare
i rapporti con i parlamentari, con i governi, con le regioni: vogliamo organizzare
già a maggio una mille miglia per la salute mentale. Ci sarà una tappa nelle diverse
città per far capire l’ipotesi di quello che noi vogliamo mettere al cuore del progetto:
dal manicomio al territorio; da un contenimento duro e crudo a un percorso di riabilitazione
medica individuale; da una segregazione che non ha futuro a un recupero di una dignità.
La Legge Basaglia che ha fatto chiudere i manicomi e che ha attivato percorsi anche
importanti di dignità per persone malate di mente vorremo che nel suo spirito arrivasse
anche a bonificare e a cancellare la vergogna degli Opg. Quindi la campagna continua:
l’obiettivo è quello di chiudere gli Opg e di trasformare questa degenza che umilia
le persone in un percorso normale di assistenza sanitaria, con forme di contenimento
adeguate alla situazione, ma che porti le persone a vivere una vita nel modo più dignitoso
possibile.