2013-03-22 12:54:40

Centrafrica: ripresa dei combattimenti tra militari e ribelli


A poche ore dallo scadere dell’ultimatum al governo e dall’annunciata ripresa delle ostilità da parte della coalizione ribelle della Seleka, scontri sono segnalati a Bossangoa, importante centro abitato della prefettura dell’Ouham (nord-ovest). “Poco prima che le comunicazioni venissero interrotte, si è avuto la conferma di scontri in corso tra ribelli e Forze armate centrafricane (Faca). Ora sembra che la Seleka sia riuscita a prendere il controllo della località” dice all'agenzia Misna dalla capitale Bangui padre Cyriaque Gbate, segretario generale della Conferenza episcopale centrafricana. L’esito dell’offensiva non è stato ancora confermato da fonti governative mentre il portavoce della Seleka, Eric Massi, ha annunciato che “ci sono stati pochi combattimenti, la conquista della città è avvenuta pochi minuti dopo che i soldati erano andati via. Ora stiamo cercando di ristabilire la sicurezza”. Ufficialmente si tratta del primo scontro diretto tra la ribellione e l’esercito dalla fine del cessate il fuoco, decretato mercoledì sera in un modo unilaterale dagli insorti che ieri sarebbero entrati a Bouka e Batangafo, due centri del nord del Paese. “Nella capitale c’è un clima di psicosi, la gente è stanca della guerra e chiede alle due parti di rispettare l’accordo firmato a Libreville, convinta che per risolvere il conflitto c’è una sola strada percorribile: quella del negoziato politico” prosegue padre Gbate, aggiungendo che “si ha l’impressione che la Seleka stia cercando pretesti per continuare a conquistare terreno dal nord-est fino a ovest, con il rischio concreto di far precipitare il Paese nel caos totale”. Il mediatore della Comunità economica dell’Africa centrale (Ceeac), il presidente congolese Denis Sassou Nguesso, è atteso domani a Bangui assieme al suo omologo ciadiano Idriss Deby Itno per nuove consultazioni alle quali dovrebbero partecipare anche i cinque ministri-ribelli del governo di unità nazionale, trattenuti dalla base del gruppo armato a Sibut da domenica scorsa. “Al di là dell’impegno importante della comunità regionale, il conflitto in Centrafrica deve essere preso in considerazione a livelli più alti, dalla comunità internazionale, prima che sia troppo tardi” prosegue il segretario delle Conferenza episcopale, deplorando “il silenzio di tanti Paesi su quanto sta accadendo ai civili”, ma soprattutto il “coinvolgimento diretto di nazioni vicine che forniscono un sostegno materiale e logistico alla ribellione”. L’offensiva della Seleka è cominciata il 10 dicembre 2012 per interrompersi, almeno sulla carta, dopo l’11 gennaio, data della firma dell’accordo di pace di Libreville. Media e osservatori hanno sempre evidenziato la grande facilità con la quale i ribelli conquistavano importanti località di vaste aree del paese, essendo ben armati ed equipaggiati. Fonti locali della Misna hanno riferito che tra le fila della coalizione c’è una grande maggioranza di uomini ciadiani e sudanesi, mentre i beni saccheggiati nel corso dell’offensiva sono sistematicamente trasportati oltre confine. “I nostri vicini devono anche loro dare prova di buona volontà politica per fermare la ribellione, che genererà instabilità nell’intera regione, ad esempio facendo controllare o chiudere i propri confini per impedire il transito di ribelli e armi verso il Centrafrica” insiste padre Gbate. Il segretario generale della Conferenza episcopale si dice anche preoccupato per la sicurezza delle chiese e delle missioni “finite nel mirino dei ribelli che distruggono edifici religiosi, case e altre strutture dove derubano tutto quello che trovano” nelle diocesi da loro conquistate; come a Bangassou, dove hanno portato via ben 18 veicoli. (R.P.)







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