Centrafrica: ripresa dei combattimenti tra militari e ribelli
A poche ore dallo scadere dell’ultimatum al governo e dall’annunciata ripresa delle
ostilità da parte della coalizione ribelle della Seleka, scontri sono segnalati a
Bossangoa, importante centro abitato della prefettura dell’Ouham (nord-ovest). “Poco
prima che le comunicazioni venissero interrotte, si è avuto la conferma di scontri
in corso tra ribelli e Forze armate centrafricane (Faca). Ora sembra che la Seleka
sia riuscita a prendere il controllo della località” dice all'agenzia Misna dalla
capitale Bangui padre Cyriaque Gbate, segretario generale della Conferenza episcopale
centrafricana. L’esito dell’offensiva non è stato ancora confermato da fonti governative
mentre il portavoce della Seleka, Eric Massi, ha annunciato che “ci sono stati pochi
combattimenti, la conquista della città è avvenuta pochi minuti dopo che i soldati
erano andati via. Ora stiamo cercando di ristabilire la sicurezza”. Ufficialmente
si tratta del primo scontro diretto tra la ribellione e l’esercito dalla fine del
cessate il fuoco, decretato mercoledì sera in un modo unilaterale dagli insorti che
ieri sarebbero entrati a Bouka e Batangafo, due centri del nord del Paese. “Nella
capitale c’è un clima di psicosi, la gente è stanca della guerra e chiede alle due
parti di rispettare l’accordo firmato a Libreville, convinta che per risolvere il
conflitto c’è una sola strada percorribile: quella del negoziato politico” prosegue
padre Gbate, aggiungendo che “si ha l’impressione che la Seleka stia cercando pretesti
per continuare a conquistare terreno dal nord-est fino a ovest, con il rischio concreto
di far precipitare il Paese nel caos totale”. Il mediatore della Comunità economica
dell’Africa centrale (Ceeac), il presidente congolese Denis Sassou Nguesso, è atteso
domani a Bangui assieme al suo omologo ciadiano Idriss Deby Itno per nuove consultazioni
alle quali dovrebbero partecipare anche i cinque ministri-ribelli del governo di unità
nazionale, trattenuti dalla base del gruppo armato a Sibut da domenica scorsa. “Al
di là dell’impegno importante della comunità regionale, il conflitto in Centrafrica
deve essere preso in considerazione a livelli più alti, dalla comunità internazionale,
prima che sia troppo tardi” prosegue il segretario delle Conferenza episcopale, deplorando
“il silenzio di tanti Paesi su quanto sta accadendo ai civili”, ma soprattutto il
“coinvolgimento diretto di nazioni vicine che forniscono un sostegno materiale e logistico
alla ribellione”. L’offensiva della Seleka è cominciata il 10 dicembre 2012 per interrompersi,
almeno sulla carta, dopo l’11 gennaio, data della firma dell’accordo di pace di Libreville.
Media e osservatori hanno sempre evidenziato la grande facilità con la quale i ribelli
conquistavano importanti località di vaste aree del paese, essendo ben armati ed equipaggiati.
Fonti locali della Misna hanno riferito che tra le fila della coalizione c’è una grande
maggioranza di uomini ciadiani e sudanesi, mentre i beni saccheggiati nel corso dell’offensiva
sono sistematicamente trasportati oltre confine. “I nostri vicini devono anche loro
dare prova di buona volontà politica per fermare la ribellione, che genererà instabilità
nell’intera regione, ad esempio facendo controllare o chiudere i propri confini per
impedire il transito di ribelli e armi verso il Centrafrica” insiste padre Gbate.
Il segretario generale della Conferenza episcopale si dice anche preoccupato per la
sicurezza delle chiese e delle missioni “finite nel mirino dei ribelli che distruggono
edifici religiosi, case e altre strutture dove derubano tutto quello che trovano”
nelle diocesi da loro conquistate; come a Bangassou, dove hanno portato via ben 18
veicoli. (R.P.)