Ritratto di Jorge Mario Bergoglio: i poveri al primo posto con lo sguardo a Cristo
Il cardinale Jorge Mario Bergoglio è dunque il nuovo Pontefice con il nome di Francesco:
76 anni, arcivescovo di Buenos Aires, è il primo Papa gesuita e il primo Papa proveniente
dall’America Latina. Il motto episcopale del nuovo Papa è la frase latina Miserando
atque eligendo, che descrive l'atteggiamento di Gesù verso il pubblicano peccatore
che “guardò con misericordia e lo scelse”. Lo stemma, oltre a riportare il motto,
ha al centro, su campo blu, il monogramma di Cristo, presentato nella tipica forma
grafica dei gesuiti. Appaiono, inoltre, una stella e un grappolo d’uva. Per un breve
profilo del 265.mo Successore di Pietro, il servizio di Alessandro Gisotti:
“Come
si definirebbe?”, chiedeva una giornalista al futuro Papa Francesco un paio d’anni
fa. E lui: “Jorge Mario Bergoglio, sacerdote”. Questo piccolo aneddoto dice molto
della personalità di Papa Francesco. Umile e semplice. Sempre. Ieri come sacerdote
e vescovo. Oggi come Successore di Pietro. Il primo Pontefice gesuita, il primo con
il nome di Francesco è nato a Buenos Aires il 17 dicembre 1936 da una famiglia di
origine piemontese. Il padre Mario é ferroviere, la madre Regina, casalinga. Fin da
giovane il futuro Papa si distingue per la sua semplicità evangelica e il carattere
affabile. Papa Francesco studia e si diploma come tecnico chimico, ma poi sceglie
il sacerdozio ed entra nel seminario di Villa Devoto. Quindi, passa al noviziato della
Compagnia di Gesù. Compie studi umanistici in Cile e nel 1963, di ritorno a Buenos
Aires, consegue la laurea in filosofia al collegio massimo “San José” di San Miguel.
A metà anni ’60, il nuovo Papa che ha studiato anche in Germania è professore di letteratura
e psicologia nel collegio dell'Immacolata di Santa Fe. Poi insegna le stesse materie
nel collegio del Salvatore di Buenos Aires. Da buon argentino, ama il tango e il calcio:
ancora oggi è tifoso del San Lorenzo, uno dei club della capitale.
Nel dicembre
1969 è ordinato sacerdote, quattro anni dopo fa la sua professione perpetua. A luglio
dello stesso anno, a soli 37 anni, Papa Francesco viene eletto Provinciale dei gesuiti
dell'Argentina, incarico che esercita per sei anni. Impegnato nel dialogo ecumenico,
amante della cultura e in particolare della letteratura classica, dedicherà sempre
grande attenzione ai migranti, alle donne e ai giovani, specie se bisognosi. Nel 1992
un momento fondamentale nella sua vita: Giovanni Paolo II lo nomina, infatti, vescovo
ausiliare di Buenos Aires. Il presule viene subito ammirato ed amato dai suoi fedeli
per la sobrietà della sua condotta di vita e la giovialità dei suoi modi. Con i bambini
ama dialogare, come in una Messa quando chiede ai piccoli fedeli chi può cambiare
il loro cuore:
“Quien es el único que puede cambiar un corazón? Chi
è l’unico che può cambiare un cuore? 'Gesù!' Non sento? 'Gesù!' E Gesù può cambiare
il cuore a ciascuno di noi? 'Sì!' A voi può cambiare il cuore? 'Sì!' A me può cambiare
il cuore? Sì”.
Il 28 febbraio 1998, il futuro Papa diviene arcivescovo
della capitale argentina e sarà, poi, per alcuni anni anche presidente dell’episcopato
argentino. Il Beato Wojtyla lo crea quindi cardinale nel 2001 con il Titolo di San
Roberto Bellarmino. Cambiano le sue vesti, cambia il colore dello zucchetto, ma lui
non cambia. Non cambia il suo stile pastorale. E’ sempre il pastore della povera gente,
voce di chi non ha voce, volto di chi non ha volto. Si reca al lavoro con i mezzi
pubblici, mette sempre i poveri al primo posto e confessa nella Cattedrale come un
normale sacerdote. Da vescovo e cardinale non ha paura di confrontarsi con le istituzioni
quando deve difendere la dignità umana: alza la voce contro l’aborto e lo sfruttamento
delle donne, contro la corruzione e la violenza. Al tempo stesso, sottolinea che la
Chiesa non deve mai farsi illusioni di grandezza. Un’immagine che sintetizza tutto
questo, e che è già scolpita nel cuore di molti, raffigura Jorge Mario Bergoglio che
si inginocchia a baciare i piedi di una bambina malata di cancro. Papa Francesco testimonia
la sua semplicità evangelica in ogni occasione e in ogni luogo. Porta infatti la sua
umiltà anche in Vaticano quando è relatore generale aggiunto al Sinodo del 2001 e
afferma che il vescovo è chiamato “ad essere santo” e deve tenere “lo sguardo fisso
a Cristo”. O quando, 8 anni fa, partecipa al Conclave che elegge Benedetto XVI. Per
Papa Francesco, del resto l’evangelizzazione deve portare speranza, come sottolinea
in un’intervista di 5 anni fa:
“L’evangelización de Jesús, dar esperanza
… L’evangelizzazione di Gesù, dare la speranza a questo mondo così chiuso
in se stesso. Dargli molta speranza, perché ne ha davvero bisogno. Portare Gesù Cristo
nel mondo con la sua verità. La vera sfida è predicare il Vangelo”.
Alla
base della sua vita, della sua azione di Pastore, confiderà in un’intervista di qualche
anno fa – come del resto alla base dell’esperienza cristiana - non c’è un’ideologia:
“C’è lo stupore dell’incontro con Gesù, la meraviglia della sua persona”. Uomo di
profonda spiritualità, parlando ad un giornalista a proposito dei miracoli, ebbe ad
affermare: “Sono d’accordo col Manzoni, che dice: ‘non ho mai trovato che il Signore
abbia cominciato un miracolo senza finirlo bene’. Una frase che, adesso, sembra quasi
un auspicio per il suo Pontificato.