2013-03-14 20:37:53

Il nome Francesco dice già tutto del nuovo Papa: il commento del filosofo, Massimo Cacciari


La scelta del nome Francesco dice già tutto del nuovo Papa, il suo modo d’intendere la sua funzione, il suo rapporto con tutte le persone: è quanto sostiene il filosofo Massimo Cacciari. Sentiamo la sua riflessione al microfono di Adriana Masotti:RealAudioMP3

R. - Mi pare sia evidente: ha assunto un nome straordinario, per la prima volta e non a caso. Quindi, è chiaro che sarà un Papa che cercherà di svolgere il proprio ministero con una sensibilità altissima per il povero. E’ un richiamo fortissimo per la Chiesa alla povertà. Ed è evidente anche la ripresa del senso della rinuncia di Papa Ratzinger. Humilitas et paupertas sono le grandi virtù francescane e quindi con il nome che ha assunto ha detto tutto quello che doveva dire. Il resto non sono nient’altro che conseguenze di questa scelta, che - ripeto - è una scelta assolutamente straordinaria, come quella che aveva fatto Bendetto XVI. Non a caso, nessun Papa aveva - diciamo pure - “osato” chiamarsi Francesco. Quindi, se in questo caso ha osato chiamarsi Francesco, dovrà pure dire qualcosa.

D. - Le categorie che sempre si usano - progressista, conservatore - sono rispuntate fuori anche a proposito del nuovo Papa. Secondo lei sono valide oggi?

R. - Non sono valide neanche sul piano politico, si figuri se sono valide sul piano religioso o spirituale. Certo che, come sempre per quanto riguarda i vescovi, anche i più grandi dell’America Latina, può darsi che vi sia una certa tensione tra la linea di umiltà, di povertà, di radicale vicinanza e prossimità al povero, che spesso questi grandi vescovi interpretano e incarnano, e la posizione dal punto di vista teologico, etico, scarsamente in sintonia con le società più secolarizzate dell’Occidente. Bisogna vedere… Certo, i problemi saranno colossali. Poi, c’è un altro segnale che è duplice, diciamo contradditorio: questa è la prima volta non soltanto di Francesco, ma è la prima volta dell’extra europeo. Questo resta un fatto colossale, colossale. Testimonia in positivo per un verso la cattolicità autentica e per l’altro un segnale che potrebbe essere letto anche drammaticamente di perdita proprio di centralità europea sotto ogni profilo. Abbiamo perso sotto il profilo economico, ora anche sotto il profilo culturale e spirituale. Non è una cosa da niente per la Chiesa: la Chiesa ha avuto i suoi cardini in Europa, non c’è niente da fare. La Chiesa è stata, per secoli e secoli, Chiesa europea. Cosa comporterà questo e quali saranno le conseguenze di questo? E’ facile dire cattolicità, cattolicità… Sì, certo c’è questa dimensione, ma come di ogni cosa c’è anche l’altra faccia…

D. - Un riferimento all’omelia che ha pronunciato alla sua prima messa da Papa. Ha detto: “Bisogna avere il coraggio di camminare con la Croce del Signore, senza la Croce siamo mondani, bisogna camminare nella luce, vivere con irreprensibilità...". Insomma, confessare Gesù Cristo, altrimenti "diventeremo una ong assistenziale”…

R. - Ha perfettamente ragione. Non c’è dubbio alcuno. Se la Chiesa si declina soltanto sotto il profilo etico, per quanto nobile, sotto il profilo socio-politico, per quanto nobile, non è più la Chiesa. La Chiesa deve predicare il Verbo e da ciò, di conseguenza, tutto il resto. Ma se dimentica il paradosso iniziale, lo scandalo iniziale da cui nasce…

D. - Lo scandalo della Croce?

R. - Quello è lo scandalo: la follia. E’ una follia. Il logos della Croce è una moria per il mondo. Detto questo, però, la Chiesa - e questo sarà il problema di questo Papa - deve anche essere nel mondo, deve saperne i linguaggi, deve saperlo ascoltare, deve essere in grado di capire cosa dice il mondo nel XXI secolo.







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