Missa pro Eligendo Pontifice. Il cardinale Sodano: Dio ci conceda un altro Buon Pastore
Si è svolta stamani nella Basilica di San Pietro la 'Missa pro Eligendo Romano Pontifice'
presieduta dal cardinale decano Angelo Sodano. La celebrazione è iniziata con la processione
dei cardinali accompagnata dall'antifona d'ingresso “Il Signore è la forza del suo
popolo”.
Nell'omelia il porporato ha affermato che siamo in un'ora "importante
della storia della Santa Chiesa di Cristo". Ha ringraziato innanzitutto il Signore
"per il luminoso Pontificato che ci ha concesso con la vita e le opere" di "Benedetto
XVI, al quale in questo momento rinnoviamo tutta la nostra gratitudine". Un'espressione
di gratitudine accolta da un lungo applauso di tutti i presenti in Basilica.
"Allo
stesso tempo - ha detto - oggi vogliamo implorare dal Signore che attraverso la sollecitudine
pastorale dei Padri Cardinali voglia presto concedere un altro Buon Pastore alla sua
Santa Chiesa. Certo, ci sostiene in quest’ora la fede nella promessa di Cristo sul
carattere indefettibile della sua Chiesa. Gesù, infatti, disse a Pietro: “Tu sei Pietro
e su questa pietra edificherò la mia Chiesa, e le porte degli inferi non prevarranno
contro di essa” (cfr. Mt 16,18)".
Il porporato ha parlato della missione che
Cristo ha affidato a Pietro ed ai suoi Successori. La prima lettura – ha ricordato
- ha riproposto un celebre oracolo messianico della seconda parte del libro di Isaia,
quella parte che è chiamata “il Libro della consolazione” (Is 40-66). Una profezia
rivolta al popolo d’Israele destinato all’esilio in Babilonia. Per esso Dio annunzia
l’invio di un Messia pieno di misericordia, un Messia che potrà dire: “Lo spirito
del Signore Dio è su di me… mi ha mandato a portare il lieto annunzio ai poveri, a
fasciare le piaghe dei cuori spezzati, a proclamare la libertà degli schiavi, la scarcerazione
dei prigionieri, a promulgare l'anno di misericordia del Signore” (Is 61,1-3). “Il
compimento di tale profezia – ha detto - si è poi realizzato appieno in Gesù, venuto
al mondo per rendere presente l’amore del Padre verso gli uomini. È un amore che si
fa particolarmente notare nel contatto con la sofferenza, l’ingiustizia, la povertà,
con tutte le fragilità dell’uomo, sia fisiche che morali". Qui ha citato la celebre
Enciclica del Papa Giovanni Paolo II 'Dives in misericordia', che soggiungeva: “il
modo in cui si manifesta l’amore viene appunto denominato nel linguaggio biblico ‘misericordia’”
(Ibidem, n. 3).
“Questa missione di misericordia – ha proseguito il cardinale
Sodano - è stata affidata da Cristo in modo particolare ai Pastori della sua Chiesa.
È una missione che impegna ogni sacerdote e vescovo, ma è una missione che impegna
ancor più il Vescovo di Roma, Pastore della Chiesa universale. A Pietro, infatti,
Gesù disse: “Simone di Giovanni, mi ami tu più di costoro?... Pasci i miei agnelli”
(Gv 21,15).
In realtà – ha osservato il cardinale decano – “è proprio quest’amore
che spinge i Pastori della Chiesa a svolgere la loro missione di servizio agli uomini
d’ogni tempo, dal servizio caritativo più immediato fino al servizio più alto, quello
di offrire agli uomini la luce del Vangelo e la forza della grazia". Così lo ha indicato
Benedetto XVI nel Messaggio per la Quaresima di questo anno (cfr. n. 3) con "profonde
parole": ‘Talvolta si tende, infatti, a circoscrivere il termine ‘carità’ alla solidarietà
o al semplice aiuto umanitario. È importante, invece, ricordare che massima opera
di carità è proprio l’evangelizzazione, ossia il ‘servizio della Parola’. Non v'è
azione più benefica, e quindi caritatevole, verso il prossimo che spezzare il pane
della Parola di Dio, renderlo partecipe della Buona Notizia del Vangelo, introdurlo
nel rapporto con Dio: l'evangelizzazione è la più alta e integrale promozione della
persona umana. Come scrive il Servo di Dio Papa Paolo VI nell'Enciclica Populorum
progressio: è l'annuncio di Cristo il primo e principale fattore di sviluppo’ (cfr.
n. 16).
Ha poi commentato la seconda lettura, tratta dalla Lettera agli Efesini,
scritta dall’Apostolo Paolo proprio nella città di Roma durante la sua prima prigionia
(anni 62-63 d.C.). “È una lettera sublime” – ha affermato - nella quale Paolo presenta
il mistero di Cristo e della Chiesa. Mentre la prima parte è più dottrinale (cap.
1-3), la seconda, dove si inserisce il testo che abbiamo ascoltato, è di tono più
pastorale (cap. 4-6). In questa parte Paolo insegna le conseguenze pratiche della
dottrina presentata prima e comincia con un forte appello alla unità ecclesiale: “Vi
esorto dunque io, il prigioniero nel Signore, a comportarvi in maniera degna della
vocazione che avete ricevuto, con ogni umiltà, mansuetudine e pazienza, sopportandovi
a vicenda con amore, cercando di conservare l'unità dello spirito per mezzo del vincolo
della pace (Ef 4,1-3)”.
“San Paolo – ha aggiunto - spiega poi che nell’unità
della Chiesa esiste certo una diversità di doni, secondo la multiforme grazia di Cristo,
ma questa diversità è in funzione dell’edificazione dell’unico corpo mistico di Cristo:
‘È lui che ha stabilito alcuni come apostoli, altri come profeti, altri come evangelisti,
altri come pastori e maestri, per rendere idonei i fratelli a compiere il ministero,
al fine di edificare il corpo di Cristo’ (cfr. 4,11-12)”. “È proprio per l’unità del
suo Corpo Mistico che Cristo ha poi inviato dall’alto il suo Santo Spirito ed allo
stesso tempo ha stabilito i suoi Apostoli, fra cui primeggia Pietro come il fondamento
visibile dell’unità della Chiesa. Nel nostro testo San Paolo ci insegna che anche
tutti noi dobbiamo collaborare ad edificare l’unità della Chiesa, dicendo che per
realizzarla è necessaria “la collaborazione di ogni giuntura, secondo l'energia propria
di ogni membro” (Ef 4,16). Tutti noi, quindi – ha osservato - siamo chiamati a cooperare
con i pastori e in particolare con il Successore di Pietro, fondamento visibile di
tale unità ecclesiale”.
Il Vangelo – ha poi detto - ci riporta all’ultima
cena, quando il Signore disse ai suoi Apostoli: “Questo è il mio comandamento: che
vi amiate gli uni gli altri, come io vi ho amati” (Gv 15,12). “Il testo si ricollega
così anche alla prima lettura del profeta Isaia sull’agire del Messia, per ricordarci
che l’atteggiamento fondamentale dei Pastori della Chiesa è l’amore. È quell’amore
che ci spinge ad offrire la propria vita per i fratelli. Ci dice, infatti, Gesù: ‘nessuno
ha un amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici’ (Gv 15,12)”. “L’atteggiamento
fondamentale di ogni buon Pastore – ha rilevato - è quindi offrire la vita per gli
altri (cfr. Gv 10,15). Questo vale soprattutto per il Successore di Pietro, Pastore
della Chiesa universale. Perché quanto più alto e più universale è l’ufficio pastorale,
tanto più grande deve essere la carità del Pastore. Per questo nel cuore di ogni Successore
di Pietro sono sempre risuonate le parole che il Divino Maestro rivolse un giorno
all’umile pescatore di Galilea: “Diligis me plus his? Pasce agnos meos… pasce oves
meas”; “Mi ami più di costoro? Pasci i miei agnelli… pasci le mie pecorelle!” (cfr.
Gv 21,15-17). E’ nel solco di questo servizio d’amore verso la Chiesa e poi verso
l’umanità intera, che gli ultimi Pontefici sono stati artefici di tante iniziative
benefiche verso i singoli, verso i popoli e verso la comunità internazionale, promovendo
la pace, la giustizia e l'ordine mondiale".
Il cardinale Sodano ha dunque
pregato “perché il futuro Papa possa continuare quest’incessante opera a livello mondiale.
Del resto, questo servizio di carità fa parte della natura intima della Chiesa. L’ha
ricordato il Papa Benedetto XVI dicendoci: ‘anche il servizio della carità è una dimensione
costitutiva della missione della Chiesa ed è espressione irrinunciabile della sua
stessa essenza’ (Lettera apostolica in forma di Motu proprio Intima Ecclesiae natura,
11 novembre 2012, proemio; cfr. Lettera Enciclica Deus caritas est, n. 25)”.
È
una missione di carità che è propria della Chiesa, “ed in modo particolare è propria
della Chiesa di Roma”, che, secondo la bella espressione di S. Ignazio d’Antiochia,
è la Chiesa che “presiede alla carità”; “praesidet caritati” (cfr. Ad Romanos, praef.;
Lumen gentium, n. 13).
“Miei fratelli, - ha concluso il cardinale Sodano -
preghiamo quindi perché il Signore ci conceda un Pontefice che svolga con cuore generoso
tale nobile missione. Glielo chiediamo per intercessione di Maria Santissima, Regina
degli Apostoli, glielo chiediamo per intercessione di tutti i Martiri ed i Santi che
nel corso dei secoli hanno reso gloriosa questa Chiesa di Roma. E così sia!”
Nel
pomeriggio, alle ore 16.15, i cardinali si ritroveranno nella Cappella Paolina, da
dove, al canto delle Litanie dei Santi, si dirigeranno processionalmente alla Cappella
Sistina. Lì giunti, dopo il canto del Veni Creator, pronunzieranno il Giuramento prescritto.
Dopo l’extra omnes, il cardinale non elettore, Prospero Grech, terrà una meditazione
ai porporati. Quindi, i cardinali potrebbero decidere di procedere alla prima votazione.
In questa evenienza la fumata è attesa tra le 19.00 e le 20.00. In caso contrario,
il primo scrutinio sarà spostato a domani mattina.