Il Concilio Vaticano II : mezzo secolo di cattolicesimo africano
All’apertura del Concilio Vaticano II, l’11 ottobre 1962, il Cristianesimo non rappresentava
certo una novità per l’Africa, tuttavia, il contesto storico nel quale il Concilio
Vaticano II (1962-1965) si svolgeva era caratterizzato dal bipolarismo emerso dalla
Seconda Guerra Mondiale e dai processi di decolonizzazione dei paesi africani. La
Chiesa si trovava dunque ad affrontare le sfide del nuovo ordine mondiale rimanendo
però fedele alla sua missione di annunciare la buona novella di Cristo.
All’apertura
del Concilio Vaticano si sviluppo dunque nella Chiesa un grande dibattito sull’uomo
contemporaneo e sul suo modo di relazionarsi con i propri simili, con la società
in cui viveva e con Dio. Nel contesto di questo immenso dibattito, l’uomo africano
– già alla ricerca di una propria autonomia politica in seguito alla conseguita indipendenza
- aspirava anche ad una affermazione religiosa per smarcarsi da una Chiesa che aveva
ancora sembianze piuttosto missionarie ed occidentali. I cattolici, preti e laici,
sentivano la necessità di divenire sempre più protagonisti nella diffusione del Vangelo
nelle rispettive società.
Il Concilio Vaticano II divenne così il punto di
partenza per un ripensamento e una ridefinizione dell’evangelizzazione in Africa,
aprendo il cammino verso una visione africana del cristianesimo in seno alla Chiesa
cattolica, sforzandosi di «conciliare Vangelo e cultura africana » .
Con il
Concilio Vaticano II, la Chiesa si trasformò profondamente proprio per adattarsi ad
un mondo in piena evoluzione, mettendo l’accento su nozioni come quelle dei diritti
umani, di giustizia sociale e di solidarietà , ma anche sul rinnovamento liturgico,
sul ruolo centrale della parola di Dio, sulla partecipazione attiva dei fedeli laici,
popolo di Dio, alla vita della Chiesa.
Per quel che riguardava « le Chiese
giovani », il vero rinnovamento fu rappresentato dal decreto Ad Gentes, che le esortava
a « … adattare ai costumi e dalle tradizioni dei rispettivi popoli, alla loro saggezza,
alla loro conoscenza, alle loro arti, alle loro discipline, tutto quello che poteva
essere utile a diffondere la gloria del Creatore, mettere in evidenza la grazia del
Salvatore e svolgere come si deve la vita cristiana », aprendo in tal modo la via
all’inculturazione del Vangelo in Africa.
Allo stesso tempo la Chiesa africana
aveva come sfida quella di affermare « il proprio carattere africano nel cattolicesimo
della Chiesa ». Un cammino che è stato compiuto in armonia ; guidato e sostenuto
dalla Chiesa Universale.
Con la costituzione dogmatica Lumen Gentium, che
stravolgeva la struttura piramidale della Chiesa per trasformarla in quella di una
Chiesa « popolo di Dio » che cammina unito, la Chiesa d’Africa rafforzò la propria
identità di Chiesa-famiglia di Dio.
Con il messaggio Africae Terrarum, indirizzato
a tutti i popoli dell’Africa, Paolo VI - all’epoca del suo viaggio in Uganda nel 1969
- rafforzò il dinamismo della Chiesa africana. La visita di Paolo Vi in Uganda, la
prima di un Romano Pontefice in Africa, può ben essere considerata come una tappa
importante della vita della Chiesa in questo continente. Il giorno stesso del suo
arrivo a Kampala, Paoo VI inaugurò i lavori del Simposio delle Conferenze episcopali
dell’Africa e del Madagascar, SECAM e tenne un discorso memorabile ai vescovi africani,
in cui affermava : « Attualmente, voi africani, siete dei missionari di voi stessi.
La Chiesa di Cristo è veramente radicato in questa terra benevola. …Dal momento che
la vostra fede è realmente cattolica…, voi potete e dovete avere un cristianesimo
africano. »
Nel 1994 la convocazione del primo Sinodo dei Vescovi per l’Africa
da parte di Giovanni Paolo II sviluppò e rafforzò i temi dell’inculturazione e della
Chiesa-famiglia di Dio già emersi dal Concilio Vaticano Ma fu soprattutto attraverso
l'esortazione post-sinodale Ecclesia in Africa, che la Chiesa africana fu chiamata,
nonostante le divisioni, a promuovere una vera fratellanza in Gesù Cristo.
La
Convocazione da parte di Benedetto XVI del secondo Sinodo dei Vescovi per l’Africa
nel 2009 e la stessa pubblicazione dell’esortazione post-sinodale Africae Munus, hanno
contrassegnato - in tempi più recenti - il conseguimento di una certa maturità da
parte della Chiesa del Continente. Questa, infatti, dopo l’affermazione della propria
« africanità » nel cattolicesimo della Chiesa, ha dovuto impegnarsi nella soluzione
dei problemi presenti nelle sue società e che rappresentano, in qualche modo, una
contro testimonianza del messaggio evangelico in materia di giustizia, riconciliazione
e pace.
In conclusione, si può ben dire che uno dei frutti visibili del Concilio
Vaticano II in Africa fu proprio questa crescita del dinamismo e della vitalità delle
Chiese locali africane, tanto da spingere Benedetto XVI a definirle - nonostante i
numerosi problemi legati alla riconciliaizone, alla giustizia e alla pace - « polmone
spirituale per un’umanità che sembra in crisi di fede e di speranza ».
In questo
momento, in cui il mondo intero ha gli occhi puntati su Roma e vive in un clima di
attesa per il nuovo successore di Pietro, la maturità della Chiesa africana si fa
sentire e ci si rende conto che ha molto da dare nel confronto con le sfide , vecchie
e nuove, con cui la Chiesa si deve confrontare, soprattutto nel corso di quest’anno
dedicato alla Fede e nel quadro della Nuova Evangelizzazione .
MARIE JOSE
MUANDO BUABUALO PROGRAMMA FRANCESE AFRICA