Un'alternativa per chi vive di rifiuti: progetto di solidarietà dei Fratelli dell'Uomo
in Senegal
Centinaia di tonnellate di immondizia raggiungono ogni giorno la discarica di Mbeubeus,
nei pressi della capitale del Senegal, Dakar. Negli anni il sito è diventato anche
un luogo di lavoro informale per 2mila persone in cerca di mezzi per sopravvivere.
Costruire per loro un futuro diverso è l’impegno della Onlus ‘Fratelli dell’Uomo’,
che ha avviato una campagna di sensibilizzazione. Sulla condizione di chi lavora a
Mbeubeus Davide Maggiore ha intervistato il direttore della onlus, Stefano
Lentati:
R. – I rifiuti
arrivano in maniera indifferenziata e quindi in discarica lavorano circa duemila persone
che vivono del recupero dei materiali con un livello di riciclo veramente accurato.
Mi è capitato di vedere svuotare tutti i mozziconi di sigarette per fare sacchi di
tabacco da rivendere sul mercato, o i metalli ferrosi, o i rifiuti di carta o i rifiuti
alimentari che poi vengono usati nell’allevamento. Tra queste persone ci sono anche
ragazzini molto giovani, a volte anche bambini, che cercano di vendere materiali a
intermediari per portare qualche soldino a casa.
D. - Cosa vuol dire per un
bambino vivere questa vita?
R. - Ci sono conseguenze sanitarie, ci sono anche
rifiuti ospedalieri, ci si può fare male… Poi la cosa determinante è che uno va in
discarica perché non va a scuola. Quindi, il nostro intervento è stato diretto a fare
in modo che anche i ragazzini delle famiglie più svantaggiate riuscissero ad iscriversi
a scuola. Questo ha richiesto un lavoro di censimento dei casi più delicati e poi
un lavoro di accompagnamento per fare l’iscrizione all’anagrafe. Il problema, infatti,
è che alla nascita non vengono registrati all’anagrafe e quindi non possono iscriversi
a scuola. Siamo riusciti a fare questa cosa con 82 bambini delle elementari, che seguiamo
da tre anni e che intendiamo seguire per altri tre anni per portarli fino alla fine
delle scuole primarie.
D. – Quali sono le altre direzioni di sviluppo del progetto?
R.
– C’erano anche ragazzini più grandi nella discarica, di un’età tra i 13 e i 17 anni.
Fra questi siamo riusciti ad allontanarne dalla discarica una cinquantina. Bisogna
offrire alternative. Le alternative sono state tirocini formativi di artigiani del
quartiere di Malika, dalla sartoria al parrucchiere, alla falegnameria, al saldatore,
all’officina meccanica. Un filone importante del progetto è proprio rivolto a creare
occasioni di reddito per le famiglie di Malika. Quindi, è stato costituito un fondo
di microcredito che finora ha finanziato l’avvio di 62 piccole attività economiche.
Questo fondo di microcredito è gestito da un comitato costituito in collaborazione
con l’associazione locale che segue il progetto. E’ un lavoro molto importante seguire
la restituzione di questi crediti. Finora abbiamo un tasso di restituzione molto importante,
superiore all’80 per cento.
D. - La filosofia del progetto non è semplicemente
assistenziale, porta le persone che ne sono beneficiarie a camminare sulle loro gambe.
In questo contesto, quanto è importante il ruolo delle associazioni locali con le
quali voi collaborate?
R. – E’ importantissimo, la parola d’ordine dei Fratelli
dell’uomo è il partenariato. Noi non lavoriamo in questi Paesi perché facciano lo
stesso itinerario che abbiamo fatto noi. Noi lavoriamo in questi Paesi per facilitare
l’emersione di un modello di sviluppo locale e perché siano conservati quegli elementi
di solidarietà e di collaborazione che sono tipici di queste società africane. Credo
che noi possiamo imparare da queste società. Anche in un contesto difficile, vediamo
che le persone non perdono la solidarietà reciproca, la voglia di collaborare, la
voglia di costruire fiducia.