2013-03-08 16:01:28

Memoria di S. Giovanni di Dio. Fra Fabello: la società ha urgente bisogno di buoni samaritani


L’8 marzo 1550 si spegneva a Granada, in Spagna, San Giovanni di Dio. Soldato, bracciante, libraio, Juan Ciudad, questo il suo nome, dopo aver ascoltato Giovanni d’Avila si convertì alla fede, vendette tutto e si fece mendicante per aiutare i più poveri. Colpito dalla drammatica situazione in cui versavano i malati della sua epoca, nel 1539 fonda un ospedale, primo della straordinaria e benemerita opera che da 500 anni svolgono i Fatebenefratelli, così come è universalmente conosciuto l’Ordine da lui fondato dei Fratelli Ospedalieri. Fra Marco Fabello, direttore della Rivista Fatebenefratelli e direttore generale dell’Istituto di ricovero e cura Fatebenefratelli di Brescia, intervistato da Alessandro De Carolis, prende spunto dalla figura del Buon Samaritano evocata da Benedetto XVI nel suo Messaggio per la Giornata del malato di quest’anno:RealAudioMP3

R. - Il Buon Samaritano è l’icona che, soprattutto al mondo di oggi, è necessaria. E possiamo anche pensare anche all’albergatore che, ai tempi d’oggi, non si fiderebbe tanto di uno che dice: “Ti pagherò dopo”. Oggi, non c’è questa disponibilità all’accoglienza, c’è diffidenza e non c’è molta solidarietà. In questa sanità che un po’ langue, io credo che possiamo sentirci tutti un po’ più insicuri, forse tutti abbiamo bisogno di qualcuno che ci soccorra, perché stiamo andando in un mondo per cui, in una nazionalità per ricchi, i poveri saranno sempre più poveri.

D. - Nel suo Messaggio il Papa scrive: “Non è lo scansare la sofferenza, la fuga davanti al dolore che guarisce l’uomo, bensì la capacità di accettare la tribolazione unendola a quella di Cristo”. I Fatebenefratelli in che modo vivono questo nella pratica ospedaliera?

R. - E’ chiaro che viviamo un po’ la situazione di difficoltà del mondo che ci circonda. Ma il senso dell’umanizzazione, del portare e avere come centro di riferimento il malato, il cercare di condurre i familiari dei malati in una certa direzione, l’avere a cuore soprattutto le persone più deboli – i malati di mente in particolare e i malati di Alzheimer – ma comunque tutte le persone che hanno più difficoltà nella vita, è quello che cerchiamo di fare, anche con recenti aperture, con centri per malati in coma o per nuove forme psichiatriche. Stiamo cercando di dare una risposta – come buoni samaritani – cercando di fare nel migliore dei modi, con i limiti che abbiamo, ma teniamo sempre presente questo segno che Giovanni di Dio ci ha donato – scritto grosso nel cuore e nell’anima – di essere ospitali: ospitare l’uomo, ospitare la persona che ha tanti problemi e che aspetta solo che qualcuno gli tenda la mano.

D. - Alla fine del suo Messaggio, Benedetto XVI ringrazia tutte le istituzioni cattoliche che, come la vostra, vivono la missione di assistere i malati. Cosa significano per voi queste parole del Papa?

R. - Sono importantissime in questo periodo, soprattutto oggi che le istituzioni cattoliche soffrono tremendamente per il momento che stanno vivendo. Anche noi stiamo patendo la situazione e la viviamo come senso di povertà: abbiamo fatto il voto di povertà, ma adesso lo stiamo vivendo nel senso che non riusciamo sempre a essere per i malati la risposta giusta, perché la situazione è quella che purtroppo conosciamo. Però, ci vengono in contro figure importanti – il Papa lo dice – come il prossimo Beato Luigi Novarese, Roul Follereau, Beata Teresa di Calcutta, Giovanni di Dio, aggiungo io, e altri che possono rappresentare i punti di riferimento che ci aiutino ad avere più fede e forse ad avere più speranza, perché le difficoltà delle nostre strutture sanitarie cattoliche potranno essere superate a condizione che siano sempre più cattoliche. Più cattoliche non nel senso di esclusivismo, ma nel senso di essere universali, di essere più attente ai malati e ai loro bisogni, a essere più aperte. La qualità dell’assistenza, in termini di valore e di carisma, devono far la differenza. Diversamente non risolviamo – o risolviamo poco – i problemi.







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