Siria: rapiti da un gruppo ribelle 21 caschi blu dell’Onu. Sale ad un milione il numero
dei profughi
Siria. Allerta nella comunità internazionale per il rapimento di un convoglio di circa
20 Caschi Blu da parte di un gruppo ribelle. Il segretario generale dell'Onu, Ban
Ki-moon ne ha chiesto “l’immediato rilascio", deprecando l’atto. Il servizio è di
Marina Calculli:
Un convoglio
di circa venti osservatori dell’Onu è stato fermato sulle alture del Golan dai ribelli
dell’esercito siriano libero. Sono stati gli stessi insorti a dare la notizia in un
video su youtube, girato davanti a un blindato dell'Onu. In cambio della liberazione
degli ostaggi i ribelli chiedono il ritiro dei soldati di Asad da Jamlah, nella provincia
di Daraa. Il capo dei sequestratori ha detto di appartenere alla brigata dei "Martiri
di Yarmouk". L’episodio si è verificato proprio nel giorno in cui anche l’Inghilterra
si era detta pronta a fornire equipaggiamento militare ai ribelli. Intanto la Lega
Araba ha offerto alla coalizione nazionale siriana, il gruppo di opposizione politica
guidata da Moaz al Khatib, un seggio nell'organizzazione, a patto che la coalizione
nomini un comitato esecutivo. Per la Lega, inoltre, gli Stati arabi "sono liberi di
offrire aiuto militare ai ribelli". Il seggio della Siria nella Lega era stato sospeso
nel 2011. Intanto l'agenzia dell'Onu per i rifugiati ha annunciato che i siriani fuggiti
dal paese hanno raggiunto il milione: circa la metà sono bambini per la maggior parte
sotto gli undici anni. Ogni giorno migliaia di persone attraversano il confine. L’emergenza
umanitaria – secondo l’agenzia – rischia di diventare presto insostenibile.
Sono
sempre di più i rifugiati che fuggono dalle violenze; secondo l’Alto Commissariato
Onu per i Rifugiati si tratta di "un disastro su larga scala“, con un milione di siriani
che hanno lasciato il Paese, la metà dei quali sono bambini. Francesca Sabatinelli
ha intervistato Reem Alsalem, portavoce di Unhcr in Libano:
R. – The number
of people who have registered or are waiting registration … Il numero delle persone
che si sono registrate, o che stanno aspettando ancora di essere registrate, ha toccato
oggi il milione. Noi sappiamo però che il numero dei siriani dev’essere molto, molto
più alto di questo, perché ci sono molti che ancora non sono arrivati al luogo della
registrazione o che mai si registreranno. Quello che l’Alto Commissariato ha fatto,
in realtà, questa mattina è suonare l’allarme, perché questa situazione rappresenta
la grave situazione umanitaria che risulta dalla guerra in Siria. Oltre a questo milione
di profughi all’estero, ci sono quattro milioni di persone all’interno della Siria
– e queste sono stime prudenti – che hanno bisogno di assistenza. Ora, se si aggiungono
quattro milioni di persone all’interno della Siria al milione di persone che si trova
fuori dal Paese, stiamo parlando di cinque milioni di persone che rappresentano il
20 per cento della popolazione siriana. E queste, come ho detto, sono stime prudenti
perché noi non abbiamo accesso a molte zone della Siria.Ecco, tutto questo dimostra
che siamo arrivati ad un punto cruciale della crisi siriana.
D. – Quali sono
le condizioni fisiche e psicologiche di queste persone?
R. – We have to remember
that this is really a refugee crisis women and children. … Dobbiamo ricordarci
che questa crisi di rifugiati riguarda sostanzialmente donne e bambini. Oltre il 60
per cento dei rifugiati sono donne e bambini; noi li accogliamo nei punti di valico
tra con la Giordania; li incontriamo anche pochi giorni dopo il loro arrivo in Libano
… Quella che vediamo è una situazione veramente tragica. Molti arrivano feriti, o
soffrono di gravi problemi di salute, vengono con i vestiti che indossano, hanno pochissimo
denaro; alcuni hanno viaggiato per giorni e in situazioni di pericolo; alcuni sono
stati feriti con arma da fuoco mentre cercavano di uscire dalla Siria. Quando arrivano,
sono molto preoccupati per i familiari che sono rimasti nel Paese, i bambini, in
particolare, hanno visto cose che nessun bambino a quell’età dovrebbe vedere: l’uccisione
di membri della famiglia, la distruzione delle loro case. E’ evidente il trauma che
hanno sofferto: bagnano il letto, sono molto chiusi, non vogliono parlare con nessuno
e quando lo fanno manifestano comportamenti aggressivi. E’ una situazione veramente
molto triste. Loro vengono senza sapere cosa il futuro riservi loro; molti non sanno
per quanto tempo saranno rifugiati e non c’è nessuno che possa sostenerli, e trovare
un alloggio nei Paesi di accoglienza è per loro una grande sfida. Ovviamente, oltre
il 60 per cento dei rifugiati vive fuori dai campi e ho visto con i miei occhi oltre
20 famiglie affollare un singolo edificio, ovviamente in condizioni igienico-sanitarie
molto limitate, in Libano come in Giordania. Detto questo, bisogna però ricordare
anche che le comunità del Libano e della Giordania sono state di una generosità estrema,
aprendo le loro case alle famiglie e condividendo le loro povere risorse, il pane
e l’acqua, con le famiglie siriane. Forse però tutto questo non riuscirà ad indurre
la comunità internazionale a rendersi conto che questa non può essere una situazione
duratura: se queste condizioni si protrarranno, senza fondi adeguati, la Giordania,
il Libano, perfino la Turchia e l’Iraq – che pure hanno i loro problemi – non saranno
in grado di tenere aperte le loro frontiere e crolleranno di fronte a tale pressione.
D.
– Questo sarà il risultato dei mancati finanziamenti?
R. – Exactly. The Un
and the humanitarian Ngos and agencies have asked … Esatto. A dicembre 2012, le
Nazioni Unite e le organizzazioni non governative e le agenzie umanitarie hanno chiesto
un miliardo di dollari per rispondere alle esigenze di base dei rifugiati fino a giugno.
Purtroppo, di questo miliardo di dollari che abbiamo chiesto – la più grande richiesta
di aiuti umanitari della storia – ne abbiamo ricevuto soltanto il 25 per cento. Qualche
cosa sta entrando, ma come le ho detto, questo disastro umanitario sta crescendo ad
un ritmo così veloce che per rispondere con la stessa velocità, la comunità internazionale
dovrebbe contribuire altrettanto velocemente. Se oggi non riusciamo ad avere i fondi
necessari, veramente non saremo in grado di affrontare le esigenze più elementari.
E quando dico “elementari”, non sto parlando di operazioni umanitarie di gran lusso;
parliamo di riuscire a fornire i 20 litri di acqua, le 2.000 calorie di cui le persone
hanno bisogno, una coperta, una tenda. Se non riusciremo ad ottenere altri fondi,
dovremo addirittura stabilire delle priorità tra i più vulnerabili e lasciare fuori
da questo piano di emergenza tutti gli altri.