Mons. Tomasi: minoranze religiose sempre più discriminate, fede emarginata in Occidente
Crescono nel mondo le discriminazioni contro le minoranze religiose: è quanto ha denunciato
ieri mons. Silvano Maria Tomasi, osservatore permanente della Santa Sede presso le
Nazioni Unite a Ginevra, in occasione della 22ma sessione del Consiglio dei Diritti
Umani in corso nella città elvetica. “Oggi, a causa della loro fede o delle loro convinzioni
personali – ha affermato il presule - le persone appartenenti a minoranze religiose
sperimentano diversi gradi di abusi che vanno da attacchi fisici a rapimenti a scopo
di estorsione” da detenzioni arbitrarie alla stigmatizzazione. “Una protezione efficace
dei diritti umani delle persone appartenenti a minoranze religiose – ha sottolineato
- è carente o non adeguatamente affrontata anche nell'ambito delle Nazioni Unite e
dei sistemi internazionali". Ma oggi “la consapevolezza di questo grave problema”
sta diventando sempre più evidente.
Secondo mons. Tomasi, gli stessi Stati
sono talora "direttamente coinvolti" in questo fenomeno "attraverso l'indifferenza
verso alcuni dei loro cittadini o attraverso la volontà politica di emarginare, sopprimere
o addirittura eliminare le comunità con una identità diversa” da quella maggioritaria,
a prescindere da quanto siano storicamente radicate nel proprio Paese. Quello che
si registra è che “la maggior parte delle violazioni della libertà religiosa si verificano
a livello di gruppo religioso”, in modo che le minoranze sono relegate “a uno status
di seconda classe”. In questo senso diventa fondamentale “il riconoscimento giuridico
di una minoranza” così come “è richiesto dal diritto innato di ogni persona, che precede
ed è vincolante per lo Stato”.
Mons. Tomasi ha poi analizzato il ruolo dello
Stato come garante della libertà religiosa. “Lo Stato laico spesso – ha detto - non
è neutrale verso le comunità religiose esistenti, nemmeno nelle democrazie occidentali
dove il liberalismo porta non tanto ad una società neutrale, ma ad uno Stato senza
una presenza pubblica della religione”. In questo contesto, il presule ha ricordato
la necessità di garantire l’obiezione di coscienza quando le norme sociali dominanti
siano in contrasto con i dettami morali della persona. “Oscurare il ruolo pubblico
della religione – ha concluso mons. Tomasi - crea una società che è ingiusta in quanto
non rispetterebbe la vera natura della persona umana e soffocherebbe la crescita di
una pace autentica e duratura di tutta la famiglia umana”.