Il cordoglio del mondo per la morte di Hugo Chávez. I vescovi venezuelani chiedono
unità e calma
Il mondo si unisce al lutto del Venezuela e saluta il suo leader Hugo Chavez morto
martedì dopo una lunga malattia. Un "esempio di altruismo" commenta la Russia e "di
sviluppo sociale", le fa eco l’Unione europea. Vicinanza è espressa dalle leadership
palestinese, iraniana e siriana, mentre la Casa Bianca auspica un futuro di migliori
rapporti. Venerdì i funerali. Il servizio di Francesca Ambrogetti:
Dopo 14 anni
il Venezuela si prepara ad affrontare senza Hugo Chavez un nuovo capitolo della sua
storia. Lo fa tra profonde manifestazioni di dolore di un vasto settore della società
e di sollievo di altri: specchio di un paese spaccato in due che guarda al futuro
con timori e preoccupazioni. Forti le tensioni, ma un messaggio conciliante dell’opposizione
e stato risposto con lo steso tono dal governo. La bara di Chaves è stata portata
dall’ospedale dove è morto all’Accademia militare dove aveva iniziato la carriera.
Coperta dalla bandiera del Venezuela e circondata da una folla comossa. Venerdì i
funerali religiosi per il leader che si definiva cristiano e marxista. Presenti numerosi
capi di stato, alcuni già giunti a Caracas. In particolare dall’America Latina dove
la morte del creatore del socialismo bolivariano ha provocato immediate e contrastanti
reazioni. L’assenza potrebbe modificare equilibri politici nel continente e non solo.
Da Washigton Barak Obama ha espresso la disponibilità per un rapporto costruttivo.
Lo ha fatto nonostante l’espulsione ieri di due addetti militari e l’accusa all’imperialismo
di partecipazione in un complotto che avrebbe provocato la malattia di Chavez. Elezioni
entro 30 giorni. Mobilitate le forze armate “per difendere l’ordine e la costituzione”.
Nicolas Maduro, erede e delfino del leader, sarà il presidente ad interim. Ma c’è
chi sostiene che spetta a Diosdado Cabello, presidente del parlamento e altro uomo
forte del chavismo. Una polemica che si riaccenderà dopo i funerali.
Sono dunque
molti i messaggi di vicinanza giunti al popolo venezuelano. Quale è stata la reazione
della Chiesa? Benedetta Capelli lo ha chiesto a Luis Badilla, esperto
di questioni latinoamericane:
R. - C’è stata
una reazione immediata ed è stata una reazione di dolore, naturalmente. Di questo
dolore e del cordoglio si sono fatti carico i vescovi, una buona parte dei vescovi,
e in particolare il segretario della Conferenza episcopale, l’arcivescovo Jorge Urosa,
che si trova qui a Roma, essendo un cardinale elettore. Mons. González de Zárate Salas,
che è il segretario dell’Episcopato, parlando a nome di tutti i vescovi, ha detto:
“In un’ora come questa occorre far parlare i sentimenti più alti”, chiedendo - al
tempo stesso - ai venezuelani unità e calma. Simili concetti aveva espresso, durante
la notte da Roma, anche il cardinale Jorge Urosa, che presiede oggi una Messa in suffragio
di Chávez. Da sottolineare, infine, che in Venezuela molti vescovi hanno anche ricordato
che la morte non è la fine della nostra vita, ma - come ha detto uno di loro - la
morte lascia piuttosto il posto a una vita piena, di felicità, accanto a Dio, Padre
Nostro. Con queste parole la Chiesa ha ricordato Chávez, richiamando i venezuelani
all’unità e alla calma.
D. - Qual è stata l’impronta che ha lasciato Hugo
Chávez nella storia del Venezuela e, soprattutto, che fase si apre adesso?
R.
- Tutti sappiamo che il presidente Chávez era una figura politica e un leader molto
discusso, ma - al tempo stesso - anche molto amato e rispettato. Nei suoi confronti,
sia all’interno del Paese che fuori dal Paese, c’era una forte opposizione: è chiaro,
però, che Chávez lascia una forte impronta sia in Venezuela che nel resto dell’America
Latina. Tutto dipenderà ora da quello che potrà succedere nel futuro prossimo. Dobbiamo
ricordare, infatti, che fra 30 giorni - secondo la Carta Costituzionale - si devono
realizzare le elezioni presidenziali. Si dovrà vedere allora cosa succederà: se al
governo del Paese rimarrà il delfino del presidente, l’attuale vicepresidente Maduro,
o se il Paese preferirà un’altra strada. La domanda avrà una risposta definitiva soltanto
nei prossimi mesi, forse anche fra un paio di anni.
D. - Chávez ha ottenuto
quattro mandati presidenziali consecutivi, quindi un lasso di tempo molto lungo: la
popolazione, in questo periodo, ha visto le proprie condizioni cambiare?
R.
- Per una parte importante della popolazione venezuelana molte cose sono cambiate
in positivo, ma per un’altra parte della popolazione - e non certo piccola - le cose
sono cambiate in senso negativo. Di fatto il Paese, in questo momento, oltre alla
crisi politica e istituzionale che si trova ad affrontare dopo la morte del presidente,
dovrà affrontare una gravissima crisi sociale ed economica che vede larghi strati
sociali vivere in povertà; una violenza accresciuta negli ultimi anni, in modo spaventoso
e preoccupante; problemi per l’esportazione del petrolio, che è la sua risorsa fondamentale,
per via della crisi internazionale; nonché problemi anche nei rapporti diplomatici
e politici con i Paesi vicini.
D. - Proprio riguardo ai rapporti con i Paesi
vicini, il presidente Obama ha espresso vicinanza alla popolazione venezuelana e ha
detto che spera si apra una nuova fase: i rapporti con Washington sono sempre stati
tesi e questa situazione è stata anche un po’ il cavallo di battaglia di Hugo Chávez.
Ora potrà cambiare qualcosa?
R. - Mi sembra che nell’immediatezza non cambierà
un granché, anche perché - purtroppo - in queste ore si sono addensate nuove nuvole
in questi rapporti, già molto difficili, per il fatto che il governo del Venezuela,
ora guidato dal vicepresidente Maduro, ha espulso due diplomatici, accusandoli di
ingerenza negli affari interni del Venezuela, ma anche per l’affermazione - che non
trova al momento alcun tipo di riscontro - in base alla quale il presidente Chávez
sarebbe stato avvelenato, così come dicono sia successo in passato con il presidente
Arafat. Io credo che questi due fatti, verificatisi nelle ultime 48 ore, non consentano
nell’immediatezza di pensare a un cambiamento drastico, nel senso di un miglioramento
dei rapporti tra Caracas e Washington. Dobbiamo aspettare, anche qui, il tempo e lo
sviluppo degli avvenimenti più duri.
Per una biografia del presidente venezuelano
Hugo Chávez, ascoltiamo il servizio di Alina Tufani:
Sesto figlio
di due maestri elementari, Hugo Rafael Chávez si arruola a 17 anni nell'Accademia
di Arti Militari Venezuelana dove sviluppa una dottrina nazionalista di sinistra che,
nel 1982, diventa il Movimento Bolivariano Revoluzionario 200. Responsabile di un
fallito golpe militare nel 1992 finisce agli arresti fino al 1994, quando esce grazie
all’indulto del presidente Caldera. In prigionia, Chávez continua a sviluppare le
proprie idee politiche conquistando un vastissimo consenso presso le fasce popolari
e la classe media colpita da un neoliberalismo selvaggio fatto di privatizzazioni
dei servizi di base e da una politica monetarista inflazionistica dovuta alla caduta
dei prezzi del petrolio. Si presenta candidato alle elezioni presidenziali del 6 dicembre
1998. Vince grazie alle sue promesse di aiuto per la maggioranza povera della popolazione.
Novità contenute nella nuova Carta Magna: il passaggio della struttura dello Stato
da democrazia rappresentativa alla cosiddetta "Democrazia Partecipativa y Protagonica"
con l’obiettivo di rendere i cittadini protagonisti della vita politica; l'avvio del
"referendum revocatorio" per tutte le cariche elettive, presidente compreso; la modifica
del nome dello Stato del Venezuela in "Repubblica Bolivariana del Venezuela" e la
variazione della durata del mandato presidenziale da cinque a sei anni, con possibilità
di una sola rielezione, sono elementi che hanno trovato forti resistenze in ampi settori
dell’opposizione. Nonostante un colpo di Stato che nel 2002 lo allontana dal potere
per sole 48 ore, Chávez riesce a consolidare la sua popolarità e raccoglie un ampio
consenso per avviare la cosiddetta “rivoluzione chavista” in chiave strettamente socialista.
In pochi anni soffoca ogni capacità dei partiti di opposizione e nel 2006 stravince
alle elezioni presidenziali disertate dai partiti dissidenti. Con le cosiddette Missioni
Bolivariane, Chávez avvia una serie di riforme orientate alla lotta contro l'analfabetismo
e la povertà. Come alleati, il “comandante” sceglie le Forze armate. Anche i mezzi
di comunicazione sono costretti a partecipare alla costruzione del Venezuela “rivoluzionario”.
Nel 2004, con una nuova legge per le telecomunicazioni, inizia un’operazione di controllo
delle emittenti radio-televisive. E’ in questo periodo che si apre una grave frattura
con la Chiesa venezuelana che critica il totalitarismo dissimulato del regime chavista.
Nonostante gli ingenti introiti petroliferi – che hanno fruttato al governo Chávez
oltre 400 miliardi di dollari - le misure adottate dal presidente per fronteggiare
il disagio sociale non sono state capillari e continue. Durante la campagna elettorale
del 2012, è già con l’assillante minaccia della malattia che lo ha colpito, Chávez
promette di rimediare alle mancanze del suo governo. Nonostante i problemi socio-economici
del Paese, alle elezioni dello scorso 7 ottobre risultano nuovamente sconfitti i partiti
di opposizione. Un nuovo trionfo di Chávez oscurato dalla malattia che lo porterà
alla morte.