Elezioni generali in Kenya: uccisi due poliziotti a Mombasa
Iniziano nel segno della violenza le elezioni generali in Kenya. Uccisi due poliziotti
a Mombasa. I sondaggi prevedono un testa a testa per la presidenza tra Raila Odinga,
premier uscente, e Uhuru Kenyatta. Sullo sfondo le violenze delle ultime consultazioni,
tra il 2007 e il 2008, con scontri tra le diverse fazioni che provocarono almeno mille
morti. Il servizio è di Giulio Albanese:
Otto i candidati
ma solo due i favoriti, l’attuale primo ministro Raila Odinga e il suo vice Uhuru
Kenyatta. Un braccio di ferro che sta acuendo a dismisura la tensione tra i sostenitori
di questi due principali contendenti. Sta di fatto che la tensione è alle stelle:
poco fa è stata diramata la notizia che due poliziotti sono stati uccisi nei pressi
di Mombasa. Sulla competizione odierna pesa il ricordo delle violenze esplose dopo
il voto del 2007. Il presidente uscente Mwai Kibaki ha lanciato un appello agli elettori
perché esercitino il diritto di voto pacificamente e tutti i candidati hanno promesso
di rispettare il risultato delle urne. Sono comunque le prime elezioni che si tengono
con la nuova costituzione, che prevede la posizione di primo ministro. I registrati
al voto sono 14 milioni e il ministro degli interni ha fatto sapere che 99 mila agenti
saranno dislocati ai seggi. Per vincere al primo turno occorre superare il 25 per
cento dei voti più il 25 per cento nella metà delle 47 circoscrizioni. Previsto, se
necessario, un secondo turno elettorale che si dovrebbe tenere l’11 aprile. Anche
in questo caso si temono violenze.
All’indomani delle ultime elezioni, tra
il 2007 e il 2008, scontri tra le diverse fazioni avevano provocato almeno 1000 morti.
Davide Maggiore ha chiesto a padre Paulino Mondo, missionario comboniano
e parroco a Nairobi nella baraccopoli di Kariobangi, come il Paese stia vivendo questa
vigilia elettorale:
R. – Tanta gente
non è registrata in città. Durante le elezioni, infatti, la città sembra il paese
di nessuno. Quelli che hanno le famiglie, soprattutto bambini e mogli, hanno deciso
di registrarsi a casa, nei villaggi. Altri sono impauriti, perché vivono lontani dalle
loro terre da cinque anni e adesso si trovano lungo la strada. La maggioranza però
è calma.
D. – Le elezioni sono le prime dopo quelle del 2007-2008, che avevano
visto grandi disordini tra la popolazione e anche numerosi morti...
R. – E’
vero quello che è successo, ma adesso - mi sembra - abbiamo risolto metà di quei problemi.
Non è solo il Kenya a guardare, ma anche tutto il mondo, se qualcuno si comporta male.
Adesso siamo preparati alla pace e abbiamo coinvolto maggiormente la Chiesa cattolica
in questo processo. Pensiamo quindi che, se anche ci saranno dei problemi, non sarà
mai come cinque anni fa.
D. – In particolare, qual è la situazione dei ragazzi,
che spesso non hanno un lavoro e si trovano sulla strada. Nelle scorse elezioni erano
stati anche tra i protagonisti delle violenze. Cosa si può fare per evitare che tornino
ad esserlo?
R. – Abbiamo fatto tanti progetti di microcredito, non solo in
parrocchia, ma in tutta la diocesi di Nairobi. I missionari di don Bosco, che hanno
tante scuole tecniche, sono stati coinvolti per risolvere questo problema. Tanti di
questi giovani hanno il lavoro. Il problema dei ragazzi disoccupati, non è solo un
problema del governo, ma è anche un problema della Chiesa. Speriamo che i giovani
adesso resteranno calmi.
D. – Quali sono i bisogni più grandi adesso della
popolazione?
R. – Eleggere qualcuno è una buona cosa, ma bisogna continuare
a controllare che facciano quello che hanno promesso alla gente. Tante gente promette
il lavoro, una buona vita, la sicurezza e dopo dimenticano. Quindi toccherà a noi
dire che è un obbligo cambiare la vita della gente, come è stato promesso.