Egitto: 5 morti a Port Said, gli Usa promettono aiuti per uscire dalla crisi
E' salito a cinque morti, tra i quali due agenti, il bilancio dei violenti scontri
di ieri a Port Said, nel nord-est dell’Egitto. Oltre 400 i feriti. Sempre ieri, al
Cairo, il segretario di Stato americano Kerry ha chiuso la sua visita ufficiale. Kerry
ha promesso aiuti per uscire dalla profonda crisi economica che attanaglia il Paese
e ha raccomandato al presidente Morsi e all’opposizione disponibilità ai compromessi.
Intanto si discute della decisione dell’Alta Corte costituzionale che ha rigettato
i ricorsi sulla legalità della commissione che ha redatto la Costituzione. La Commissione
dominata dagli integralisti islamici è accusata dalle opposizioni di aver redatto
un testo che non rappresenta tutti gli egiziani, che apre all'islamizzazione della
legislazione. Fausta Speranza ne ha parlato con Francesca Maria Corrao,
docente di lingua e cultura araba all’Università Luiss:
R. - Il problema
è che la risposta interna dell’Egitto - come giustamente ha sottolineato Kerry – deve
essere sostenuta anche dall’esterno. Bisogna ricordare che la Costituente era stata
messa in discussione in quanto composta soprattutto da islamisti e non rappresentativa
delle diverse forze politiche presenti nel Paese, della pluralità intellettuale presente
nel Paese, che aveva lottato per avere una democrazia e non una nuova dittatura. Il
problema è stato che il ricorso presentato, non contro la Costituzione ma contro l’Assemblea
Costituente, è stato vagliato dai giudici quando in realtà i lavori dell’Assemblea
erano già stati terminati, perché gli islamisti hanno fatto delle manifestazioni che
hanno impedito ai giudici l’accesso ai palazzi per poter svolgere il loro lavoro.
D. – Qual è il valore di questa bocciatura da parte dell’Alta Corte dei ricorsi
proprio sulla Costituzione?
R. – Il valore è nullo, perché in realtà i lavori
della Commissione erano già stati conclusi. L’aver impedito alla Corte Costituzionale
di operare ha fatto sì che questa decisione fosse operativa in una fase ormai superata.
È gravissimo. Obama fa pressione su Morsi, proprio per aprirsi all’opposizione, mentre
noi europei sembra che accettiamo qualsiasi cosa senza proteggere quelli che hanno
sostenuto una rivoluzione democratica, pacifica. E in questa fase ci sono, invece,
gravissimi attentati contro la vita degli attivisti, pacifisti.
D. – Dunque,
è davvero difficile che si possa arrivare in questo momento a compromessi, senza uno
sforzo particolare da parte di Morsi, che è quello poi che ha chiesto Kerry...
R.
– Assolutamente sì. Anche noi dobbiamo fare pressione, non possiamo aver lodato per
un anno intero lo spirito democratico non solo degli egiziani, ma anche dei tunisini,
e poi nel momento del vero bisogno ci tiriamo in dietro e non ci indigniamo di fronte
al fatto che hanno approvato una Costituzione con una votazione soltanto del 30% degli
aventi diritto. È consuetudine che almeno il 75% dei votanti si esprima su una Costituzione;
non è una legge ma è una Costituzione, estremamente importante. Non solo: hanno votato
una Costituzione senza avere il tempo fisico di informare gli elettori di quelli che
erano gli articoli, i diritti e i doveri dei cittadini. Questo è molto grave.
D.
– Parliamo dell’aspetto economico...
R. – Sicuramente c’è bisogno di un aiuto
economico. Se si valuta la situazione economica degli egiziani, ma anche di tutti
quei Paesi che hanno appena finito la transizione rivoluzionaria e che dovrebbero
procedere verso uno sviluppo costituzionale nel rispetto delle istituzioni e della
democrazia, si capisce che si trovano assolutamente senza soldi. E senza aiuto dall’Europa;
i nostri visti sono negati, il turismo è impraticabile perché ci sono dei gruppi di
estremisti che fanno attentati, ovviamente, contro i luoghi turistici, per mettere
i governi nelle condizioni più difficili di governare. C’è una crisi economica gravissima.