Epiteti ed aggettivi di ogni genere vengono, ormai da giorni, attribuiti a Benedetto
XVI, in seguito all’annuncio delle sue volontarie dimissioni dal papato. Una decisione
che ha avuto una grande risonanza a livello mondiale. A prevalere su tutto è, però,
l’unanime giudizio circa l’ampiezza di vedute di un uomo che non ha mai smesso di
rammentare ai suoi fratelli il dovere di essere riconoscenti a Dio, loro creatore.
I suoi interventi, sempre profondi, incentrati sull’uomo e il suo autentico bene,
erano rivolti alle coscienze di tutti, senza esclusioni.
Ma se c’è un continente
per il quale le prese di posizione del Papa hanno avuto un’eco particolare, quello
è l’Africa. E’ per questo che questo continente avverte con un legittimo senso di
fierezza di essere stato al centro del pensiero di Benedetto XVI. In un mondo in cui
sembra contare soltanto il peso della forza, il Papa è stato per l’Africa – la cui
economia, i cui processi democratici, i cui tentativi di svilupparsi e la cui stessa
storia non suscitano nessun interesse nella comunità internazionale se non per dei
paragoni e delle valutazioni negative – una voce amica.
Eppure, il Continente
ha avuto poche occasioni di accogliere il Sommo Pontefice. Solo due i viaggi in Africa
(2009 e 2011) ; tre i paesi visitati (Camerun, Angola e Benin), poca cosa si potrebbe
dire. Ma quanta forza nei gesti posati e nelle parole dette con spirito di amicizia
– e dunque in totale franchezza ! -, senza malcelati paternalismi o pietismi di facciata.
Il Papa ha parlato dell’Africa e all’Africa con un’obiettività fuori del comune. Con
una costante coerenza, Benedetto XVI, da un lato, ha visto nell’Africa « il polmone
spirituale per un’umanità che appare in crisi di fede e di speranza » e, dall’altro,
il simbolo di una forte volontà di farsi artefice responsabile del proprio destino,
nonostante le imposizioni della Storia. Questa posizione è risultata manifesta
fin dai primi momenti del suo Pontificato, come quando ha confermato – e non era obbligato
a farlo ! – la decisione del suo predecessore Giovanni Paolo II di tenere in Vaticano
la Seconda Assemblea Speciale del Sinodo dei Vescovi per l’Africa. Un evento che si
è svolto nel 2009 ed è stato incentrato su dei temi sempre presenti nei suoi appelli
agli africani : pace, giustizia e riconciliazione. « Il disegno di Dio non muta.
Attraverso i secoli e i rivolgimenti della storia, Egli punta sempre alla stessa meta:
il Regno della libertà e della pace per tutti. E ciò implica la sua predilezione per
quanti di libertà e di pace sono privi, per quanti sono violati nella propria dignità
di persone umane.», così Benedetto XVI si è espresso a conclusione dei lavori di
questo Secondo Sinodo africano (25 ottobre 2009).
Una affermazione che, riferita
all’esterno o all’interno dell’Africa stessa, rappresenterà una costante del pontificato
che si sta ormai concludendo. Ogni volta che il Papa ha incontrato dei Capi di Stato
africani o degli ambasciatori, non si è mai accontentato di piangere con loro sulle
miserie del continente. Ha, invece, esortato l’Africa a restare salda, a fare un uso
responsabile delle sue opportunità : una popolazione giovane, la sua vitalità, il
suo senso della vita, la sua religiosità, i segni promettenti di una fede in un Dio
mai contrastato, nonostante le attuali contro-testimonianze di coloro che dovrebbero
portare il Vangelo.
Lo ha dichiarato davanti alla classe politica riunita
a Luanda, in Angola nel 2009 ; e lo ha ribadito, in maniera ancora più chiara a Cotonou,
in Benin nel novembre 2011. Giunto per consegnare l’esortazione apostolica Africae
Munus, pubblicata a conclusione del Sinodo, il Papa ha rivolto alla classe dirigente
africana un discorso che non dovrebbe essere escluso dal compendio di ciò che egli
lascia in eredità al continente. « Da questa tribuna, lancio un appello a tutti
i responsabili politici ed economici dei paesi africani (…). Non private i vostri
popoli della speranza ! Non privateli del loro avvenire, mutilando il loro presente
! », ammonì il Papa. « Ci sono troppi scandali ed ingiustizia, troppa corruzione e
avidità, troppi equivoci e menzogne « , dovette ancora sottolineare prima della firma
dell’esortazione apostolica. Un’esortazione nella quale invita l’Africa credente,,
« buona novella per la Chiesa », a divenirlo anche « per il mondo intero ».
Un’Africa
globale, dunque, ma anche un’Africa aperta all’universalità. Un’Africa ponte dei destini,
con un Medio Oriente poco distante e un Occidente ancora più vicino, ma che in continuazione
si sforza di mantenere le distanze da questo continente, distanze di molto superiori
a quelle imposte dalla Storia e dalla geografia. Mentre era in viaggio verso il Libano,
il Papa parlando con i vescovi del Nord Africa non ha mai smesso di sottolineare la
tragedia di un bacino mediterraneo trasformatosi in cimitero per migliaia di africani
in cerca di una vita migliore, respinti da coloro che solo il giorno prima predicavano
loro il Vangelo dell’Amore, che solo rende autentico l’essere cristiano.
Certo,
il Papa non può che esprimersi in favore dei più poveri e degli emarginati, ma oggi,
che un unanime rispetto s’impone di fronte al coraggioso gesto compiuto, sarebbe illusorio
mettere come limite alla sua azione in favore dell’Africa la presa di posizione sui
preservativi del marzo 2009. E questo perché anche allora le sue parole hanno rappresentato
un invito ad una vita responsabile, non un’incitazione al suicidio fisico e morale.
Il Papa poi ha aumentato la presenza al suo fianco di collaboratori africani sia nella
Curia romana che nelle rappresentanze pontifice. Dire che Benedetto XVI è stato un
vero amico dell’Africa non è, tuttavia, una questione che si possa ridurre a mere
statistiche. E’ nel profondo del suo cuore, là dove nessuna operazione contabile è
possibile, che egli ha certamente riservato uno spazio da pastore universale per gli
africani.