Siria: telefonata Obama-Putin per entrambi serve una transizione politica
Fermare le violenze il prima possibile. E’ l’appello congiunto che il presidente americano
Obama e il suo omologo russo Putin hanno lanciato dopo un colloquio telefonico. Intanto
a due anni dall’inizio della guerra, sono oltre 70mila i morti. L’Onu ha chiesto che
si intervenga immediatamente. Benedetta Capelli:
Dopo le polemiche
tra Stati Uniti e Russia all’indomani del vertice di Roma, ieri i due Paesi si sono
avvicinati. In una telefonata Obama e Putin hanno concordato sulla necessità di portare
avanti una transizione politica in Siria per mettere fine alle violenze. Entrambi
hanno espresso apprezzamento per l’impegno dei rispettivi ministri degli Esteri –
Kerry e Lavrov – che stanno lavorando per l’attuazione dell’agenda di Ginevra. Una
posizione comune dunque che arriva nel giorno del grido disperato del segretario generale
dell’Onu. “Quali atrocità si dovranno verificare perché il mondo intervenga?” così
ha detto Ban Ki-moon secondo il quale la soluzione militare della crisi sta portando
alla disintegrazione del Paese. Il numero uno delle Nazioni Unite, che ha denunciato
l’immobilità del Consiglio di Sicurezza dell’Onu, intravede però uno spiraglio per
un dialogo dopo l’apertura del leader dell’opposizione al-Katib ad incontrare i rappresentanti
del governo di Damasco. Oggi a Ginevra l’incontro tra Ban ki moon e il mediatore internazionale
per la Siria Brahimi. Intanto la situazione umanitaria resta gravissima mentre ieri
solo ad Aleppo sono state 83 le vittime della violenza.
Nella telefonata Obama-Putin
non si è fatto accenno allo stanziamento, voluto da Washington, di 60 milioni di dollari
da destinare ad aiuti umanitari e militari, ma solo ai fini dell’addestramento dei
ribelli. Questione che aveva creato il malumore di Mosca. Per un commento Cecilia
Seppia ha sentito Luca Gambardella, giornalista esperto dell’area mediorientale
per Equilibri.net:
R. - Diciamo
che si sta creando una vera e propria competizione già da diversi mesi tra gli Stati
Uniti e gli altri Paesi occidentali che supportano gli “Amici della Siria” e Paesi
come il Qatar o l’Arabia Saudita che - ormai da molto tempo - forniscono armi e carri
armati all’opposizione siriana la quale appunto si aspettava un atteggiamento quanto
meno simile da parte degli Stati Uniti.
D. - Al Khatib, leader dell’opposizione
ha chiesto l’impegno per l’apertura di corridoi umanitari, ha chiesto armi per sostenere
i ribelli e ha poi parlato della questione delle armi chimiche come un “finto problema”,
una minaccia che non esiste, che però di fatto, resta un deterrente per un intervento
internazionale in Siria...
R. - La questione delle armi chimiche è stata comunque
provata da diversi video abbastanza attendibili. Anche la questione della deterrenza
è abbastanza controversa, nel senso che l’uso di queste armi non convenzionali e l’uccisione
di decine di migliaia di civili dovrebbe già di per sé rappresentare una deterrenza,
se vogliamo estendere la deterrenza come un motivo valido per poter intervenire. La
questione è di opportunità e di interessi. Ci sono diversi interessi che riguardano
Siria. Ritengo ch uno dei motivi principali che ha portato a questo stallo sia stato
anche la concorrenza portata avanti dai Paesi del Golfo, i quali invece si sono dimostrati
molto più pronti rispetto agli Stati Uniti nel fornire direttamente armi ai gruppi
armati.