2013-03-02 08:00:59

Siria: telefonata Obama-Putin per entrambi serve una transizione politica


Fermare le violenze il prima possibile. E’ l’appello congiunto che il presidente americano Obama e il suo omologo russo Putin hanno lanciato dopo un colloquio telefonico. Intanto a due anni dall’inizio della guerra, sono oltre 70mila i morti. L’Onu ha chiesto che si intervenga immediatamente. Benedetta Capelli:RealAudioMP3

Dopo le polemiche tra Stati Uniti e Russia all’indomani del vertice di Roma, ieri i due Paesi si sono avvicinati. In una telefonata Obama e Putin hanno concordato sulla necessità di portare avanti una transizione politica in Siria per mettere fine alle violenze. Entrambi hanno espresso apprezzamento per l’impegno dei rispettivi ministri degli Esteri – Kerry e Lavrov – che stanno lavorando per l’attuazione dell’agenda di Ginevra. Una posizione comune dunque che arriva nel giorno del grido disperato del segretario generale dell’Onu. “Quali atrocità si dovranno verificare perché il mondo intervenga?” così ha detto Ban Ki-moon secondo il quale la soluzione militare della crisi sta portando alla disintegrazione del Paese. Il numero uno delle Nazioni Unite, che ha denunciato l’immobilità del Consiglio di Sicurezza dell’Onu, intravede però uno spiraglio per un dialogo dopo l’apertura del leader dell’opposizione al-Katib ad incontrare i rappresentanti del governo di Damasco. Oggi a Ginevra l’incontro tra Ban ki moon e il mediatore internazionale per la Siria Brahimi. Intanto la situazione umanitaria resta gravissima mentre ieri solo ad Aleppo sono state 83 le vittime della violenza.

Nella telefonata Obama-Putin non si è fatto accenno allo stanziamento, voluto da Washington, di 60 milioni di dollari da destinare ad aiuti umanitari e militari, ma solo ai fini dell’addestramento dei ribelli. Questione che aveva creato il malumore di Mosca. Per un commento Cecilia Seppia ha sentito Luca Gambardella, giornalista esperto dell’area mediorientale per Equilibri.net: RealAudioMP3

R. - Diciamo che si sta creando una vera e propria competizione già da diversi mesi tra gli Stati Uniti e gli altri Paesi occidentali che supportano gli “Amici della Siria” e Paesi come il Qatar o l’Arabia Saudita che - ormai da molto tempo - forniscono armi e carri armati all’opposizione siriana la quale appunto si aspettava un atteggiamento quanto meno simile da parte degli Stati Uniti.

D. - Al Khatib, leader dell’opposizione ha chiesto l’impegno per l’apertura di corridoi umanitari, ha chiesto armi per sostenere i ribelli e ha poi parlato della questione delle armi chimiche come un “finto problema”, una minaccia che non esiste, che però di fatto, resta un deterrente per un intervento internazionale in Siria...

R. - La questione delle armi chimiche è stata comunque provata da diversi video abbastanza attendibili. Anche la questione della deterrenza è abbastanza controversa, nel senso che l’uso di queste armi non convenzionali e l’uccisione di decine di migliaia di civili dovrebbe già di per sé rappresentare una deterrenza, se vogliamo estendere la deterrenza come un motivo valido per poter intervenire. La questione è di opportunità e di interessi. Ci sono diversi interessi che riguardano Siria. Ritengo ch uno dei motivi principali che ha portato a questo stallo sia stato anche la concorrenza portata avanti dai Paesi del Golfo, i quali invece si sono dimostrati molto più pronti rispetto agli Stati Uniti nel fornire direttamente armi ai gruppi armati.








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