2013-03-02 15:12:21

Scontri in Egitto, l'opposizione rifiuta incontro con l'inviato Usa, Kerry


In Egitto, non si placano le proteste contro il presidente Morsi. Un uomo è morto e decine di persone sono rimaste ferite negli scontri tra polizia e manifestanti avvenuti nella notte a Mansoura, a nord del Cairo. E nella capitale in serata arriverà il segretario di stato Usa, John Kerry, per una serie di incontri con i leader egiziani e il segretario della Lega Araba, Nabil Elaraby. Ma l’invito a incontrare il capo della diplomazia americana è stato respinto dai due principali esponenti dell’opposizione, Hamdin Sabahi e Mohamed el Baradei, per protesta contro le posizioni americane giudicate troppo compiacenti nei confronti del presidente Morsi. Sul significato di questa difficile missione diplomatica, Marco Guerra ha sentito l'opinione di Luciano Ardesi, esperto di Nord Africa:RealAudioMP3

R. - Kerry è soprattutto preoccupato del rischio della destabilizzazione nel Paese. Vorrebbe, inoltre, rinsaldare col presidente Morsi un’interlocuzione che si è fatta più intensa nell’ultimo anno, soprattutto dopo il ruolo giocato da Morsi nella risoluzione della crisi di Gaza, lo scorso anno. Quindi, l’Egitto è visto come un partner affidabile nello scacchiere mediterraneo e mediorientale. Gli Stati Uniti sono preoccupati dalla possibilità che questo interlocutore si indebolisca e non possa giocare un ruolo determinante come è sempre stato storicamente quello dell’Egitto in quell’area.

D. - Si assiste a una contrapposizione sempre più "muscolare" tra Fratelli musulmani e opposizione laica, che sfocia quasi quotidianamente in violenze di piazza. E’ possibile arrivare a una soluzione o dobbiamo aspettarci una escalation della crisi?

R. - La presa di posizione delle opposizioni, o quantomeno della maggiore forza di opposizione, il Fronte di salvezza nazionale, fa pensare a una escalation nelle tensioni, nelle proteste di piazza e quindi anche nelle violenze e nella risposta violenta da parte del potere egiziano. Ci sono elementi, all’interno del parlamento - piuttosto isolati per la verità - che cercano ancora di gettare ponti tra la fratellanza musulmana e le opposizioni. Certo, ma è un tentativo molto difficile. In questo momento, è più facile prevedere uno scontro sempre più aperto tra il potere e le opposizioni.

D. - Fra le altre cose, l’opposizione intende boicottare le elezioni parlamentari che si dovrebbero svolgere a partire dal 22 aprile, in quattro fasi. Alla fine si riuscirà ad andare al voto?

R. - Mi sembra che il presidente Morsi sia deciso ad andare comunque al voto, così come le opposizioni del Fronte di salvezza nazionale sono decise a boicottarlo. E’ chiaro che questo è, probabilmente, il maggior fattore di tensione che si annuncia in un prossimo futuro.

D. - Lo stallo egiziano può avere ripercussioni sulla stabilità di tutta la regione, già messa alla prova da altri annosi dossier, come quello siriano e palestinese?

R. - L’andata al potere di Morsi aveva fatto pensare ad un Egitto finalmente stabilizzato, dopo la caduta di Mubarak. Si pensava che l’Egitto potesse riprendere il proprio ruolo nel Medio Oriente e nel Mediterraneo e quindi sia nella questione palestinese, sia anche nella questione siriana. La crisi politica prolungata - ormai da un anno - in Egitto metterà a dura prova la capacità del Paese di giocare ancora un ruolo determinante. Però, sia per la posizione geografica, sia per il peso demografico è chiaro che l’Egitto continuerà comunque a essere un interlocutore indispensabile per la soluzione di quelle crisi e in modo particolare in quella palestinese e in quella siriana.







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