Ctv: sequenze memorabili di fine Pontificato. Mons. Viganò: a parlare era il viso
del Papa
A trasferire direttamente dalla cronaca alla storia e alla memoria la giornata di
giovedì hanno certamente contribuito le splendide immagini con le quali il Centro
Televisivo Vaticano ha documentato il congedo di Benedetto XVI dal Vaticano, fino
al suo arrivo a Castel Gandolfo e all’inizio della Sede vacante. Una serie di sequenze
indimenticabili, realizzate con l'obiettivo principale di “far parlare” il volto del
Papa, come spiega il direttore del Ctv, mons. Dario Viganò, intervistato da
Alessandro De Carolis:
R. – Abbiamo
seguito il criterio che nasce un po’ anche dalla responsabilità di consegnare al mondo
intero un tratto di storia della Chiesa. Il criterio è stato quello di costruire un
racconto che tenesse in evidenza il fatto straordinario di una scelta che è diventata
immediatamente un evento. Questo però senza mai cercare la spettacolarizzazione o
l’eccessiva patinatura. Abbiamo cercato di costruire un racconto che fosse capace
di restituire alcune immagini anche di vicinanza del Papa, come la scelta di prendere
il Papa nel momento in cui stava uscendo dall’appartamento, così come accompagnarlo
dentro casa a Castel Gandolfo: quasi una sorta di congedo da parte dello spettatore
a Città del Vaticano e anche un accompagnamento nell’ordinario nel quotidiano del
Papa a Castel Gandolfo. Dall’altra parte, abbiamo cercato di mettere in atto una regia
che fosse una sorta di documentario. La scelta è stata un po’ documentaristica: il
motivo per cui abbiamo piazzato le telecamere nel torrione San Giovanni, nei Giardini
vaticani, abbiamo scelto di seguire il viaggio del Papa con un elicottero, è proprio
quello di documentare un tratto di storia.
D. – Quante forze sono state impegnate
nella diretta di ieri e come avete curato tecnicamente la regia?
R. - Ieri
avevamo 19 telecamere, quattro regie mobili e poi la super-regia nella Città del Vaticano.
Ieri, erano impegnate quasi 40 persone. Abbiamo potuto contare su un team che ha alcune
caratteristiche particolari, certamente sono grandi professionisti, ma accanto a questo
c’è un legame e un affetto profondo per la figura del Papa e una passione di lavorare
per tutta la Chiesa.
D. - La regia era interamente curata dal Centro televisivo
vaticano?
R. - Sì, tutte le immagini che sono state viste, a parte le personalizzazioni,
sono sempre del Centro televisivo vaticano, che certo lavora in stretta collaborazione
con la Radio Vaticana per l’audio. Questo garantisce che ci sia un rispetto degli
ambienti vaticani, una uniformità e qualità delle immagini e soprattutto che non si
ceda a questi sguardi, a volte veramente molto ricercati e anche un po’ curiosi, che
tutto sommato non rendono neppure ragione della questione che c’è in gioco.
D.
- Eppure, anche al semplice spettatore è sembrato di assistere ad una produzione di
tipo cinematografico…
R. – Noi abbiamo puntato molto su una regia che facesse
"parlare" i volti e la figura del Papa. Questo ha segnato molto, perché vuol dire
avvicinare le persone a un uomo che, paradossalmente, proprio dal momento in cui ha
detto che lasciava il ministero è entrato in maniera indelebile nel cuore di tutti,
anche dei non credenti. Da qui, la scelta di stare molto sul corpo, sul viso, sulle
mani, sullo sguardo… C’è un po’ di cinema nel senso che c’è il desiderio di restituire
la verità di un uomo: il cinema forse non la restituisce, però racconta molto.
D.
- Tante le immagini memorabili. Qual è la "sua" immagine, quella che porterà con sé
di questo 28 febbraio 2013?
R. – Con un po’ di commozione – seguivo dal pullman-regia
– quando l’elicottero del Papa ha sganciato la terra dell’eliporto alla città del
Vaticano. Quel momento è un momento di non ritorno. Un’immagine non tra le più belle,
dal punto di vista visivo, ma per me è quella più suggestiva, che mi ha segnato profondamente.
E’ la prima volta che inizia una Sede Vacante in cui suonano le campane ed è accompagnata
dalla gioia di sapere che c’è un uomo che, come egli stesso dice, per sempre servirà
la Chiesa, ora come Mosè sul monte ritirato a pregare per la Chiesa di Gesù.
D.
- Il suo esordio alla guida del Centro Televisivo Vaticano ha praticamente coinciso
con questa fase eccezionale della vita della Chiesa. Che cosa significa dirigere l’ordinario
di un servizio nella straordinarietà della transizione tra due Pontificati?
R.
– Credo che quello che stiamo facendo è un servizio per le televisioni. Sentiamo che
c’è una grande responsabilità nel fatto che sia solo il Centro Televisivo Vaticano
– così come per voi della Radio Vaticana – che accede alla Santa Sede e al Papa e
quindi ha la possibilità di dare un servizio di informazione alle televisioni, perché
in questo modo noi stiamo dando la possibilità di una vicinanza a tutto il mondo.
Noi, per esempio, addirittura inviamo una cassetta a una televisione in Tanzania gestita
da due suore, una piccola televisione, con il plico diplomatico: questo per dire che
tutti devono avere la possibilità di sentirsi uniti alla Sede di Pietro, poterne ascoltare
la Parola e, al presente, anche cercare di capire che cosa succede concretamente in
questi giorni di Sede vacante. Stiamo cercando di registrare le immagini in HD dei
luoghi del Conclave, dei percorsi che faranno i cardinali, della Sistina, sempre attenti
più al senso ecclesiale, piuttosto che la curiosità di un documentario sull’arte o
su altre cose.