Siria. Il nunzio mons. Zenari: la diplomazia è l'unico sentiero per porre fine al
conflitto
"Si vedono all'orizzonte timidi germogli per un futuro dialogo fra ribelli e regime.
Non lasciamo che queste piccole aperture vengano chiuse". È quanto afferma all'agenzia
AsiaNews mons. Mario Zenari, nunzio apostolico a Damasco che sottolinea l'intenzione
di alcune fazioni ribelli e membri del regime di spingere verso una futura cessazione
delle ostilità. "Fino ad ora la possibilità è ancora molto flebile - puntualizza il
diplomatico vaticano - e basta poco per farla tramontare". Per mons. Zenari "favorire
la via diplomatica è l'unico sentiero per porre fine alla scia di sangue" che ha causato
la morte di oltre 70mila persone e almeno un milione di sfollati. In Siria lo scontro
fra ribelli ed militari di Bashar al-Assad si fa sempre più duro. Ieri, colpi di mortaio
hanno colpito l'Università di Damasco e la grande moschea degli Omayyadi, fra i più
importanti e antichi edifici religiosi dell'islam sunnita. Gli attacchi sono una risposta
ai recenti raid aerei dell'esercito su Aleppo. Per mons. Mario Zenari la situazione
umanitaria è tragica e con poche soluzioni per rifornire di aiuti la popolazione.
"La Chiesa - afferma - è in prima linea nel soccorrere profughi e sfollati, ma la
sue forze si concentrano soprattutto in Libano e Giordania". Il vescovo cita il recente
incontro delle Caritas di Medio Oriente e Africa del nord, tenutosi la scorsa settimana
ad Amman e presieduto dal card. Robert Sarah, presidente del Pontificio consiglio
Cor Unum. "Al momento - spiega mons. Zenari - la Chiesa sta valutando insieme alle
altre organizzazioni di aumentare gli aiuti all'interno del Paese. Ma per fare ciò
dovrà affrontare enormi difficoltà". Secondo il prelato, le aree sotto assedio, come
Aleppo, hanno un estremo bisogno di beni di prima necessità e medicinali, ma fino
ad ora è stato impossibile raggiungerle. A ciò si aggiungono le trafile burocratiche
imposte dal governo che vietano l'ingresso di beni alimentari per evitare che finiscano
nelle mani dei ribelli. (R.P.)