Giornata delle malattie rare, l'80% ha origine genetica. Il problema della sarcoidosi
Ha avuto luogo ieri mattina presso l’Istituto superiore di sanità il convegno “Salute
è solidarietà: insieme senza frontiere per la cura delle malattie rare”, in occasione
della sesta Giornata mondiale delle malattie rare. Il Convegno promosso dall’Istituto
Superiore di Sanità, in collaborazione con la diocesi di Roma, la facoltà di Medicina
e chirurgia della Cattolica e il Policlinico Gemelli, ha voluto mettere in rilievo
l’importanza dello scambio di informazioni a livello internazionale per l’individuazione
delle malattie rare e l’accesso ai farmaci cosiddetti “orfani”. La malattia rara colpisce
tutti gli organi e i sistemi e tutte le età. Viene considerata tale quando ne sono
affette 5 persone su 10 mila. L’80% è su base genetica ma il 20 per cento è multifattoriale
e può dipendere, quindi, da agenti infettivi ambientali o squilibri alimentari. La
celebrazione della VI Giornata mondiale delle malattie rare prosegue questa sera alle
19.00 presso la hall del policlinico Gemelli dove avrà luogo un reading musica e parole,
dal titolo “Più di ogni altra cosa al mondo”, durante la quale verrà proiettato lo
spot per il “Rare desease day”. (Dall’Istituto Superiore di Sanità, Eliana Astorri)
In molti casi,
non ci sono possibilità o conoscenze per la corretta diagnosi o per i trattamenti
per le malattie rare. E’ così per la sarcoidosi, una patologia infiammatoria poco
conosciuta, che può colpire diversi organi e che potrebbe essere considerata rara,
visto che colpisce una persona ogni 500 mila nel mondo, mentre in Italia su un milione
di individui il numero delle persone affette varia da 80 a 100. A causa della mancanza
di un’unica legge nazionale, che fornisca una classificazione certa delle malattie
rare, solo alcune Regioni come Piemonte e Valle d’Aosta hanno riconosciuto la sarcoidosi
come tale. Il dott. Filippo Martone, presidente dell’Associazione “Amici contro
la Sarcoidosi Italia-Onlus”, lancia un appello affinché i malati di sarcoidosi non
vengano lasciati soli. L’intervista di Roberta Calderazzo.
R. – La sarcoidosi
è una malattia molto particolare, sicuramente "orfana", nel senso che allo stato attuale,
non viene presa correttamente in carico dallo Stato, il quale non la considera una
malattia degna di essere presa in carico dal sistema sociale e sanitario. Le cure,
quindi, si pagano e non c’è nessuna assistenza a quelle persone che perdono il lavoro
o che hanno dei disagi sociali per colpa della malattia. Non è stata dichiarata malattia
rara e, "in pectore", il governo uscente aveva avuto la volontà di farla eleggere
a “malattia cronica invalidante”. La sarcoidosi è una malattia che si manifesta attraverso
dei granulomi, cioè degli ammassi di cellule di significato difensivo, che si palesano
all’interno dei tessuti del nostro organismo, senza un apparente motivo, senza cioè
un’infezione riconoscibile. Questo può essere più o meno cagionevole per la salute
di chi ne è colpito, a seconda di quali sono gli organi in cui questo avviene.
D.
– La sarcoidosi è, dunque, una malattia difficile da diagnosticare. Esistono in Italia
dei centri di riferimento?
R. – La malattia è davvero difficile da diagnosticare,
proprio perché non ha un suo sintomo specifico, ma si nasconde dietro a mali che sembrano
altre malattie, ovverosia si nasconde del tutto fino poi a dare delle manifestazioni
piuttosto immediate e subdole. In Italia, una volta fatta la diagnosi, abbiamo alcuni
centri che sono più attrezzati di altri per gestire questa malattia, a cominciare
da Siena, dove l’Ospedale Policlinico cittadino ha un’ottima équipe in questo senso.
Bologna si sta attrezzando ugualmente e Milano ha più di un centro in grado di fare
ottime diagnosi e di prendere in carico pazienti affetti da sarcoidosi. Ugualmente
Forlì, metre a Palermo si sta costituendo un centro specialistico. Questi centri sono,
però, numericamente pochi e anche mal distribuiti sul territorio.
D. – Lei
ha già illustrato come la sarcoidosi sia una malattia orphan drug, appunto
orfana di farmaci. Quali sono, quindi, le terapie e i trattamenti? A che punto siamo
in Italia?
R. – In questo momento, possiamo dire che la sarcoidosi è una malattia
che comunque si può controllare farmacologicamente, nella stragrande maggioranza dei
casi, attraverso altissime dosi di cortisone. Questo pone dei grossi limiti rispetto
all’efficacia della terapia, nel senso che si può controllare la sarcoidosi, ma si
possono avere gravi difficoltà di controllo degli effetti collaterali dovuti alla
prolungata esposizione ad alte dosi di questo farmaco, che come sappiamo agisce a
livello ormonale su più organi, causando anche disagi piuttosto consistenti. In Italia
abbiamo fatto anche una ricerca per abbattere le dosi di cortisone, unendole ad un
farmaco, più spesso usato per la prevenzione e la cura della malaria, che è l’idrossiclorochina.
Questo farmaco ha dato risultati un po’ a fasi alternate, ma in taluni casi, in effetti,
riesce a ridurre la dose di cortisone necessaria per il controllo della malattia.
E’ anche importante dire che in un certo numero di casi, sicuramente oltre la metà,
la malattia poi scompare spontaneamente. Il problema serio è nell’altra parte dei
casi, dove la malattia tende a cronicizzare, e in alcuni di questi casi pare sia anche
inarrestabile con qualsiasi tipo di farmaco.
D. – L’Associazione Amici contro
la Sarcoidosi come nasce, cosa fa, cosa si propone di fare?
R. – L’Associazione
Amici contro la Sarcoidosi Italia è un’associazione che esiste da non più di un anno
e nasce proprio per il fatto che in Italia c’è una grande sensazione di solitudine
che colpisce le persone che hanno la sarcoidosi. Non essendoci infatti interesse,
non essendoci accoglienza nei confronti di questa malattia, quando se ne viene investiti
si ha la netta sensazione di essere gli unici e di non avere una prospettiva davanti
a noi. Ci siamo riuniti, a prescindere dal ceto sociale, dalla professione e dall’origine
geografica, abbiamo costituito un’associazione nazionale che cresce al ritmo di due
nuovi associati al giorno, e abbiamo l’obiettivo di far sì che il nostro Stato ci
riconosca, abbia cura di noi, come ha cura dei malati di un’appendicite o di un raffreddore.
Questo potrà avvenire attraverso i contatti che abbiamo già instaurato con le istituzioni.
Differentemente, però, stiamo connettendoci con le Associazioni di categoria dei medici,
maggiormente coinvolti, che sono i pneumologi, che hanno accettato di collaborare
al nostro fianco, per creare un interesse specifico, e siamo anche legati all’Associazione
mondiale di ricerca su questa malattia, che ha un fortissimo sostegno in Italia. La
sua rivista di ricerca, infatti, si chiama appunto “Sarcoidosis” ed è edita dall’Italia
per tutto il mondo. Noi ovviamente provvederemo a sostenerla in modo che la ricerca
possa avere un impulso dalla nostra associazione. Ci sono alcune cose molte importanti:
la sarcoidosi non è contagiosa. Se una persona vi dice di avere la sarcoidosi non
ve ne dovete spaventare, perché non potrà mai nuocervi. E’ una persona molto intimidita
dal fatto che invece nessuno possa capirla per avere questa malattia, ma è probabilmente
in grado di vivere una vita più o meno normale o comunque apparentemente normale.
Se conoscete una persona con la sarcoidosi, che non sa come fare e si trova scoraggiata,
segnalatela alla nostra associazione, al sito Internet .. Senz’altro farete un’opera
assolutamente buona. Se poi ci sosterrete, aiuterete un gruppo di persone che, attualmente,
sono orfane di attenzione e conoscenza, ad avere i loro diritti riconosciuti.