Italia, no di Bersani al governissimo. L'economista Quadrio Curzio: l'Europa rilanci
la crescita
In Italia si cercano soluzioni politiche dopo l’esito delle elezioni che non garantisce
una maggioranza stabile. Il segretario del Pd Bersani respinge l’ipotesi di un “governissimo”
con il Pdl. “Chiederemo voti a tutto il Parlamento – ha detto il vicesegretario dei
democratici Letta – per un governo di svolta”. Il commento, raccolto da Amedeo
Lomonaco, dell’economista Quadrio Curzio:
R. – Certamente,
un governo stabile che possa durare è la soluzione migliore. Ma per avere un governo
stabile che possa durare, bisogna che le parti in causa abbiano una valutazione concorde
sui programmi: un governo le cui parti di sostegno non abbiano una valutazione concorde
sui programmi, ovvero un governo bloccato, non va molto lontano. Oggi non abbiamo
più un sistema bipolare ma abbiamo un sistema tripolare e forse, per alcuni versi,
anche se questo è difficile affermarlo con certezza, quadripolare. Sta di fatto che
una forza politica, cioè il cosiddetto Movimento 5 Stelle, rappresenta una novità
assoluta. Come tale è difficile capire quale sarà l’atteggiamento di questo movimento
con riferimento alla necessità di formare un governo nel Paese. Così come è difficile
capire come si posizionerà il partito di maggioranza alla Camera, cioè il Pd nella
ricerca di una maggioranza governativa.
D. - Quali riflessi sta avendo sulla
borsa il voto in Italia?
R. – I riflessi sono già stati molto pesanti ieri.
Siamo ovviamente in una condizione di profonda incertezza. Dunque bisognerà vedere
come, in gradualità, i mercati si abituano a questa situazione molto complessa.
D.
– Intanto, lo spread vola oltre i massimi storici da dicembre. Lo spread è un indicatore
rilevante, da prendere in considerazione, oppure un dato secondario come affermato
ad esempio dall’ex premier Berlusconi?
R. – Lo spread è importante perché da
un lato indica il grado di rischio attribuito ai titoli di Stato del nostro Paese.
Questo va immediatamente poi a incidere sul rinnovo dei titoli di Stato stessi alle
scadenze. In secondo luogo, nei collocamenti dei nuovi titoli di Stato, va a determinare
dei tassi di interesse più alti sul nostro debito pubblico, con oneri conseguenti
aggravati sul bilancio dello Stato. Quindi affermare che lo spread non è rilevante
non coincide in alcun modo con l’evidenza dei fatti che dicono appunto che lo spread
conta.
D. – Allo stato attuale, quanto l’economia italiana può reggere una
situazione di stress nei mercati?
R. – L’economia italiana è in condizioni,
per molti versi, paradossali perché il bilancio pubblico per quanto riguarda il deficit
è tra i migliori in Europa. Noi arriveremo al pareggio strutturale di bilancio nel
2013, tanto quanto la Germania. Noi abbiamo l’avanzo primario, cioè la differenza
tra uscite ed entrate prescindendo dalle uscite per interessi, che è sul reddito nazionale
il più alto dell’Eurozona. Sotto questo profilo l’Italia, come si diceva nei mesi
scorsi, ha fatto i compiti a casa, molto di più di quanto li abbiano fatti Francia
o Spagna. Da un altro lato, l’Italia ha un grande debito pubblico che, tuttavia, non
è un debito pubblico insostenibile proprio perché abbiamo un avanzo primario notevole.
E’ ovvio che se crescono i tassi di interesse, tutta la situazione si complica. L’altro
elemento paradossale del nostro Paese è che l’economia reale va molto male. La crescita
è negativa, la disoccupazione sta crescendo, le imprese stanno soffrendo. Ciò significa
che bisogna trovare modalità per rilanciare la crescita e queste modalità vanno anche
contrattate duramente con l’Europa per il bene dell’Europa stessa: un’Europa che non
cresce, dove la disoccupazione aumenta, fa male a se stessa. Bisogna che l’Europa,
gestendo democraticamente se stessa, si renda conto che il solo rigore non solo non
basta ma è dannoso. Ecco un problema che va affrontato a livello dei governi europei.