Medici senza frontiere: per le minoranze del Myanmar è emergenza umanitaria
In Myanmar, per la comunità buddista Rakhine e quella musulmana dei Rohingya è ancora
emergenza umanitaria. L'ultima notizia è il ritrovamento, sabato scorso, da parte
della guardia costiera dello Sri Lanka, di una nave alla deriva con a bordo 97 birmani
Rohingya morti di fame e di stenti. L'imbarcazione, partita dalle coste del Myanmar
il 10 gennaio scorso, pare sia stata fermata dalla Marina della Thailandia. Migliaia,
intanto, sono le persone che anche in patria hanno perso le loro case e che ora vivono
nei campi di fortuna, mentre anche l'"icona" democratica, Aung San Suu Kyi, è stata
contestata da alcuni attivisti per essersi limitata a parlare di proposte di "disegni
di legge" in riferimento alla questione Rohingya. Sulla condizione delle minoranze
birmane, Alessandro Filippelli ha intervistato Barbara Maccagno, responsabile
medico dell’associazione Medici Senza Frontiere (Msf) attiva nel Paese:
R. - L’assistenza
sanitaria di base è legata appunto al fatto di mancanza di acqua. Abbiamo quindi registrato
casi di diarrea, oppure malattie infettive parassitarie e dermatosi e, soprattutto
nei bambini, episodi di infezioni respiratorie.
D. - Qual è la situazione nei
campi? La questione delle donne incinte è una delle tante emergenze da affrontare…
R.
- Purtroppo, la situazione rimane ancora molto precaria. Ci sono molte persone sfollate
che hanno dovuto abbandonare le loro abitazioni e quindi si trovano alloggiate in
campi di accoglienza che non sono adeguati a ricevere e ospitare decine di migliaia
di persone. La mancanza di acqua pulita o comunque potabile rimane un problema che
non è stato ancora risolto. E anche un’assistenza medica alle donne gravide che sono
presenti nei campi purtroppo rimane difficile ed inadeguata.
D. - Dovete fare
i conti con le ripetute minacce e le intimidazioni da parte di un gruppo all’interno
della comunità Rakhine. Nonostante questi gravi condizionamenti, come pensate di poter
far capire che Medici senza frontiere vuole solamente fornire assistenza medica?
R.
- La nostra organizzazione è piuttosto conosciuta nella zona, perché effettivamente
siamo presenti da più di dieci anni con dei progetti a lungo termine. Ci affidiamo
quindi al fatto che le esperienze e le attività che abbiamo condotto nel passato in
favore della popolazione possano in qualche modo agevolarci anche in questa particolare
situazione. Dunque, continueremo a cercare in tutti i modi di poter avere dei contatti
con i leader di queste comunità e dimostrare che il nostro impegno rimane presente
e continuerà per quanto ci sia possibile e per quanto ci sarà consentito.