Con quale atteggiamento
affrontare la fase di transizione che la Chiesa si trova a vivere? Come accompagnare
pastoralmente i fedeli in questo passaggio? E soprattutto come intendere e vivere
la 'crisi', il distacco, la solitudine che le dimissioni del Papa hanno generato in
tanti cuori e che certa informazione sta dipingendo a tinte fosche? "Il termine crisi
non mi spaventa ma va interpretato bene. Una immagine che mi piace usare sempre molto
quando si parla di fasi di transizione a livello culturale o ecclesiale è quella del
parto: si sono rotte le acque. Vuol dire che stiamo vivendo un momento di ristrutturazione
in vista di una vita che sta nascendo. Dio sta preparando qualcosa di nuovo.
I momenti di crisi portano a delle maturazioni nella misura in cui le persone o le
istituzioni le interpretano, ci stanno dentro responsabilmente, facendo i passi necessari
in una situazione di cambiamento". Così fratel Enzo Biemmi, della Congregazione
dei Fratelli della Sacra Famiglia, presidente dell'equipe europea dei catecheti,
che aggiunge: "Saper stare soli è un elemento di grande maturità anche se può creare
un certo sconcerto. Per Benedetto XVI la solitudine positiva che egli ha assunto per
sé viene dall’aver inserito tra sé e il ministero petrino la questione del limite.
L’ha assunta fino in fondo - precisa Biemmi - e questo lo riporta ad essere solo,
ma nel massimo grado di libertà. Con questo gesto il Papa indica che il ministero
va oltre la persona che lo gestisce ma anche che in questa maniera la persona umana
va oltre il ministero che ha gestito, ha cioè un valore ancora più grande rispetto
al servizio. Solitudine allora come dimensione per ricondursi all’essenzialità, per
riportare alla centralità della persona umana, là dove la persona tocca il massimo
della sua autenticità. Questo gesto deve essere dunque inteso da tutti come una grande
lezione a ritornare a ciò che ci costituisce, a non appoggiarsi su ciò che è transitorio,
a prendere in mano veramente se stessi nella piena autenticità della vita umana".
Fratel Biemmi - che ha partecipato come esperto al Sinodo sulla Nuova Evangelizzazione
- commenta anche le dimissioni del Pontefice alla luce di questa sfida importante
per la Chiesa. "Questo gesto del Papa io credo che tocchi la radice stessa della
questione dell’evangelizzazione. Ci mette sulla strada giusta. Nel Sinodo si è ribadito
che il problema non è trovare e usare nuove tattiche, ma di far ritornare la Chiesa
al Vangelo. Si potrà parlare di nuova evangelizzazione - ricorda il religioso - se
saranno nuove le persone che lo annunciano perché ascoltano di più e nuovamente il
Vangelo. In questo senso il gesto del Papa va nella direzione di una conversione
della Chiesa stessa, che non si limita al cambiamento della vita personale ma tocca
anche le sue strutture. La forza di riforma e di profezia di questo gesto è palese
e forse poco considerata. Non è solo un gesto di umiltà". Cosa ci dice questa
azione sulla fede del cristiano? "Il Papa, in pieno Anno della Fede, ci sta dicendo
che essa è un cammino, che la fedeltà è aprirsi alle novità, che la fede è itinerante,
che la Chiesa è chiamata a un discepolato continuo e che non si deve mai accontentare
di restare nei punti in cui si trova. La fedeltà è atto continuamente creativo, non
si è fedeli rimanendo semplicemente tristi perseveranti. Si è fedeli nella misura
in cui ci si dispone ad accogliere l’azione dello Spirito che sta facendo
nuove tutte le cose". Verso quali direzioni? "Credo che la Chiesa venga
rimessa in cammino soprattutto per quel che riguarda le relazioni interne alla comunità
ecclesiale - sottolinea Biemmi - e in particolare l’esercizio dell’autorità al suo
interno. L’avere dissociato la propria persona dal ministero petrino ha in qualche
modo desacralizzato la figura del Papa, l’ha resa nuovamente umana ma ciò diventa
contemporaneamente un esempio per tutti coloro che all’interno della Chiesa esercitano
un ministero, nel segno di una maggiore collegialità, della regolazione e dell’ascolto
reciproco. Insomma, la lezione è che l’unico che guida la barca di Pietro è il
Signore Gesù". Uno degli elementi che ha contraddistinto il pontificato di Benedetto
XVI è stata la sua opera catechetica e in fondo "non avrebbe fatto questo gesto -
conclude fratel Enzo - se non fosse un grande catecheta e non sapesse che un gesto
di questo tipo è il massimo atto di evangelizzazione che avrebbe potuto mettere in
atto. "...Tra voi non sia così, il più grande tra voi sia il più piccolo, voi siete
tutti fratelli, voi avete un unico maestro" (Mt, 23). Ecco, le dimissioni sono
l’ultima sua catechesi, potremmo dire, che riassumono perfettamente questo insegnamento.
(a cura di Antonella Palermo)