2013-02-26 16:19:56

Lo chiameremo 'Papa emerito'


RealAudioMP3 Con quale atteggiamento affrontare la fase di transizione che la Chiesa si trova a vivere? Come accompagnare pastoralmente i fedeli in questo passaggio? E soprattutto come intendere e vivere la 'crisi', il distacco, la solitudine che le dimissioni del Papa hanno generato in tanti cuori e che certa informazione sta dipingendo a tinte fosche? "Il termine crisi non mi spaventa ma va interpretato bene. Una immagine che mi piace usare sempre molto quando si parla di fasi di transizione a livello culturale o ecclesiale è quella del parto: si sono rotte le acque. Vuol dire che stiamo vivendo un momento di ristrutturazione in vista di una vita che sta nascendo. Dio sta preparando qualcosa di nuovo. I momenti di crisi portano a delle maturazioni nella misura in cui le persone o le istituzioni le interpretano, ci stanno dentro responsabilmente, facendo i passi necessari in una situazione di cambiamento". Così fratel Enzo Biemmi, della Congregazione dei Fratelli della Sacra Famiglia, presidente dell'equipe europea dei catecheti, che aggiunge: "Saper stare soli è un elemento di grande maturità anche se può creare un certo sconcerto. Per Benedetto XVI la solitudine positiva che egli ha assunto per sé viene dall’aver inserito tra sé e il ministero petrino la questione del limite. L’ha assunta fino in fondo - precisa Biemmi - e questo lo riporta ad essere solo, ma nel massimo grado di libertà. Con questo gesto il Papa indica che il ministero va oltre la persona che lo gestisce ma anche che in questa maniera la persona umana va oltre il ministero che ha gestito, ha cioè un valore ancora più grande rispetto al servizio. Solitudine allora come dimensione per ricondursi all’essenzialità, per riportare alla centralità della persona umana, là dove la persona tocca il massimo della sua autenticità. Questo gesto deve essere dunque inteso da tutti come una grande lezione a ritornare a ciò che ci costituisce, a non appoggiarsi su ciò che è transitorio, a prendere in mano veramente se stessi nella piena autenticità della vita umana". Fratel Biemmi - che ha partecipato come esperto al Sinodo sulla Nuova Evangelizzazione - commenta anche le dimissioni del Pontefice alla luce di questa sfida importante per la Chiesa. "Questo gesto del Papa io credo che tocchi la radice stessa della questione dell’evangelizzazione. Ci mette sulla strada giusta. Nel Sinodo si è ribadito che il problema non è trovare e usare nuove tattiche, ma di far ritornare la Chiesa al Vangelo. Si potrà parlare di nuova evangelizzazione - ricorda il religioso - se saranno nuove le persone che lo annunciano perché ascoltano di più e nuovamente il Vangelo. In questo senso il gesto del Papa va nella direzione di una conversione della Chiesa stessa, che non si limita al cambiamento della vita personale ma tocca anche le sue strutture. La forza di riforma e di profezia di questo gesto è palese e forse poco considerata. Non è solo un gesto di umiltà". Cosa ci dice questa azione sulla fede del cristiano? "Il Papa, in pieno Anno della Fede, ci sta dicendo che essa è un cammino, che la fedeltà è aprirsi alle novità, che la fede è itinerante, che la Chiesa è chiamata a un discepolato continuo e che non si deve mai accontentare di restare nei punti in cui si trova. La fedeltà è atto continuamente creativo, non si è fedeli rimanendo semplicemente tristi perseveranti. Si è fedeli nella misura in cui ci si dispone ad accogliere l’azione dello Spirito che sta facendo nuove tutte le cose". Verso quali direzioni? "Credo che la Chiesa venga rimessa in cammino soprattutto per quel che riguarda le relazioni interne alla comunità ecclesiale - sottolinea Biemmi - e in particolare l’esercizio dell’autorità al suo interno. L’avere dissociato la propria persona dal ministero petrino ha in qualche modo desacralizzato la figura del Papa, l’ha resa nuovamente umana ma ciò diventa contemporaneamente un esempio per tutti coloro che all’interno della Chiesa esercitano un ministero, nel segno di una maggiore collegialità, della regolazione e dell’ascolto reciproco. Insomma, la lezione è che l’unico che guida la barca di Pietro è il Signore Gesù". Uno degli elementi che ha contraddistinto il pontificato di Benedetto XVI è stata la sua opera catechetica e in fondo "non avrebbe fatto questo gesto - conclude fratel Enzo - se non fosse un grande catecheta e non sapesse che un gesto di questo tipo è il massimo atto di evangelizzazione che avrebbe potuto mettere in atto. "...Tra voi non sia così, il più grande tra voi sia il più piccolo, voi siete tutti fratelli, voi avete un unico maestro" (Mt, 23). Ecco, le dimissioni sono l’ultima sua catechesi, potremmo dire, che riassumono perfettamente questo insegnamento. (a cura di Antonella Palermo)








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