Grandi Laghi: 11 Paesi firmano accordo per la pace
“Un’era di pace e stabilità” nella Repubblica Democratica del Congo: è l’auspicio
espresso dal segretario generale dell’Onu, Ban Ki-moon, presente ieri ad Addis Abeba,
in Etiopia, alla firma dell’accordo tra 11 Paesi della regione dei Grandi Laghi. Un’intesa
che prevede il rafforzamento della missione delle Nazioni Unite ed un impegno concreto
da parte di tutti gli 11 Paesi nella lotta ai gruppi armati in particolare i ribelli
del movimento M23. Benedetta Capelli ha raggiunto, telefonicamente a Goma,
Danilo Giannese, responsabile per la comunicazione del Servizio Rifugiati dei
Gesuiti per la Regione dei Grandi Laghi:
R. – Si tratta
sicuramente di un accordo molto importante per il Congo orientale e per la regione
in generale. C’è la mediazione delle Nazioni Unite su questo accordo e c’è da sottolineare
che tra gli Stati firmatari ci sono due nazioni che sono state accusate pubblicamente
di avere sostenuto e di sostenere tuttora i ribelli del M23 …
D. - … sarebbero
Rwanda e Uganda. Che cosa allora è cambiato, in questi due Paesi, per accettare un
accordo simile?
R. – E’ evidente che i due Paesi non hanno mai ammesso di sostenere
questi ribelli. La reazione ufficiale, ad esempio, del presidente del Rwanda, Kagame,
è che un accordo del genere è positivo per lo stesso Paese, perché il Rwanda ha tutti
gli interessi ad avere stabilità nella regione. Questo accordo è stato fortemente
voluto dalle Nazioni Unite. Quello che può cambiare è che effettivamente potrebbe
esserci una riduzione anche del mandato della Forza di pace dell’Onu che è stata più
volte accusata di essere inefficace e quindi il mandato potrebbe essere rivisto. Sarebbe
prevista anche una forza d’intervento speciale che dovrebbe essere costituita da 2.500
soldati africani, che avrebbero proprio il compito di andare a combattere le forze
ribelli. Quindi, questa è una novità. Quello che è fondamentale è che questo accordo
sia poi effettivamente sostenuto da una volontà politica efficace, che non sia soltanto
una firma su un pezzo di carta.
D. – La popolazione come ha reagito a questo
accordo-quadro?
R. – La popolazione è stanca. La popolazione nel Nord-Est del
Congo, nel Nord-Kivu, è veramente stanca da decenni di guerra che non hanno mai fine.
Non crede molto in queste iniziative, perché anche in passato ce ne sono state altre
che non hanno mai portato, effettivamente, ad alcun risultato. Tra la popolazione
c’è anche diffidenza nei confronti delle Nazioni Unite e nei confronti dei Caschi
Blu dell’Onu che sono qui da tanti anni ma in realtà non hanno poi portato conseguenze
positive per la popolazione. E’ ovvio che, però, sperano che questa volta magari possa
essere diverso dal passato.
D. – Qual è la situazione nella regione dei Grandi
Laghi? Lei si occupa principalmente di questa zona …
R. – Diciamo che è una
regione storicamente molto instabile, ma la grande problematicità di questa regione
continua ad essere, appunto, la parte orientale del Congo. Per questo è molto importante
che ci sia una collaborazione positiva delle Nazioni vicine.
D. – E quali sono
allora le emergenze, i problemi più forti che vive questa popolazione, al di là dell’instabilità
politica?
R. – Bè, parliamo sicuramente di un numero di sfollati incredibilmente
alto: nella Repubblica Democratica del Congo si dà per ampiamente superata la soglia
dei due milioni di sfollati; in Nord-Kivu ce n’è quasi un milione … Quindi, violenze
sessuali nei confronti delle donne, violazioni di diritti umani di vario genere …
è sicuramente una popolazione disperata! Tra l’altro, in moltissimi casi la gente
fugge più di una volta. I bisogni umanitari sono ingenti: ci sono più di 30 campi
di sfollati e per le popolazioni che vivono nei campi i problemi maggiori sono la
ricerca del cibo. Ovviamente dipendono in tutto e per tutto dall’aiuto umanitario
che però in queste zone è anche molto difficoltoso a causa delle condizioni di sicurezza
e delle pessime condizioni delle strade. La vita nei campi comporta veramente molti,
molti problemi per questa gente.