2013-02-25 15:28:02

Attentati talebani in Afghanistan. Karzai: le forze speciali Usa si ritirino da Wardak e Logar


“Sorpresa” da parte di Washington dopo la richiesta del governo afghano alle forze speciali Usa di ritrarsi dalle province di Wardak and Logar entro due settimane. “Non vi era stato nessun segnale – ribadiscono dal Pentagono, mentre per Kabul i commando sono responsabili di alimentare “insicurezza e instabilità” nelle due province limitrofe alla capitale Kabul. Quanto queste tensioni tra Stati Uniti e Afghanistan possono rafforzare le azioni dei Talebani e quanto, invece, indeboliscono concretamente Karzai? Salvatore Sabatino ne ha parlato con Luciano Bozzo, docente di relazioni internazionali presso l’Università di Firenze:RealAudioMP3

R. - Quello che sta succedendo non è niente d’imprevisto: nella prospettiva del ritiro della quasi totalità delle truppe americane, promessa da Barak Obama, evidentemente stiamo giungendo al redde rationem. La situazione nel Paese è evidentemente confusa e conflittuale. L’attuale presidente è stato insediato, a seguito delle operazioni militari che portarono all’occupazione del Paese, ed è chiaro che il suo futuro è quantomeno incerto nella lotta complessa che si sta sviluppando per la fase che seguirà al ritiro americano. Quello che sta succedendo, in questi giorni, non è nient’altro che la conseguenza di questa situazione.

D. - E, infatti, il presidente Karzai ancora - dopo anni - non ha il controllo dell’intero Paese…

R. - Nessuno ha il controllo dell’intero Paese, perché il Paese di fatto è diviso in aeree, in zone in parte controllate dalle forze della coalizione internazionale, in parte - più o meno - controllate dai signori della guerra locali e, in parte, anche lasciate a se stesse. L’Afghanistan è un Paese vasto e soprattutto da un punto di vista orografico è un Paese complesso e quindi assicurarne il controllo non è cosa semplice. Il governo centrale, di fatto, controlla - nelle migliori delle ipotesi - alcune delle città principali, tra cui evidentemente Kabul, e lo fa grazie al sostegno degli Stati Uniti e, appunto, delle forze della coalizione internazionale. Al venir progressivamente meno di questo sostegno è chiaro che Karzai si troverà e si sta trovando di fronte ad una situazione complicata: se vuole garantirsi la sopravvivenza nei confronti di quel coacervo di forze, cui prima facevo brevemente riferimento, deve trovare una qualche forma di mediazione. Naturalmente queste iniziative, adottate anche nelle ultime ore, possono essere spiegate in quest’ottica.

D. - Intanto, professore, proseguono gli attacchi dei talebani in alcune aree, compresa Kabul: quanto queste tensioni tra Stati Uniti e Afghanistan possono rafforzare le loro azioni e quanto, invece, indeboliscono concretamente Karzai?

R. - Quello che sta avvenendo, dal punto di vista degli attacchi talebani, ancora una volta, non è nulla che non fosse ampiamente atteso, prevedibile e previsto. Evidentemente, proprio nella prospettiva del ritiro americano, per quanto non totale, i talebani si stanno muovendo per tentare di giocare una carta importante rispetto al futuro dell’Afghanistan. Evidentemente questo accresce la difficoltà di Karzai: Karzai si trova in una situazione molto delicata, perché inevitabilmente sarà visto ed è visto da una parte della popolazione afghana come colui che è stato insediato in virtù della presenza americana e della momentanea vittoria americana e della coalizione internazionale, dopo la guerra del 2001. Molte sono le rivendicazioni, rispetto al governo centrale, di componenti della società afghana, a cominciare da quella più importanti di tutte che è l’etnia pashtun, cui non appartiene l’attuale presidente. Questo crea una situazione potenzialmente destabilizzante ed esplosiva.







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