Il cardinale Ravasi: il "nascondimento" di Benedetto XVI è un ministero
Un saluto affettuoso segnato da parole di ringraziamento è quello che il cardinale
Gianfranco Ravasi, presidente del Pontificio Consiglio della Cultura, ha rivolto al
Papa a conclusione degli Esercizi spirituali. Forte l’invito a vivere nel silenzio
la Parola di Dio. Il servizio di Benedetta Capelli:
Giunge al termine
di una settimana di “camminate” – come ha detto il Papa – “nell’universo della fede
e dei Salmi”, il sentito ringraziamento del cardinale Gianfranco Ravasi. Parole che
sono il megafono di quelle che la Curia Romana porta nel cuore:
“Alcuni
mi hanno detto certamente di dire il vostro affetto – ed è evidente – di dire la vostra
condivisione; qualcuno mi ha detto di domandare perdono per quanto non siamo stati
capaci di fare per sostenerlo nel suo ministero. Io penso che, però, semplicemente,
la parola sia quella semplice del ringraziamento, che abbiamo detto prima: ringraziarlo
per il suo magistero e ministero. Di queste due parole – io direi – ora ne rimarrà
esplicitamente almeno una soltanto. Magistero, comprende l’avverbio ‘magis’, più,
che è appunto l’essere sopra e guidare; ministero invece l’avverbio 'minus', il servizio,
infatti ‘minus’ è farsi meno. Ed ora appunto sarà questo il suo ministero, nascondendosi
idealmente. Anche quello però è un ministero, pur essendo ‘minus’”.
E il
cardinale è voluto riandare all’immagine con la quale aveva aperto le sue meditazioni:
Mosè sul Sinai. Accanto a lui il profeta Elia, figura che idealmente il porporato
associa a Benedetto XVI:
“Questo profeta, che ha provato molte amarezze,
tanto che ha avuto in sé il desiderio, persino, di lasciarsi andare sotto il terebinto,
è salito su per incontrare ancora il suo Signore e il suo Signore non è nel vento
impetuoso e gagliardo, da spaccare i monti; la grande teofania, pur vera, non è neppure
nel terremoto che sconvolge la terra e non è neppure nella folgore. Era tutta l’esperienza
che ha fatto Benedetto XVI, che facciamo quando siamo nel mondo, nella storia, le
grandi epifanie di Dio. E poi alla fine lassù Dio gli si rivela. Ecco, io penso che
idealmente sarà questa l’epifania di Dio, la teofania che Benedetto XVI sperimenterà.
Noi, idealmente, la raccoglieremo giù in basso”.
Nelle ultime meditazioni,
il presidente del Pontificio Consiglio della Cultura, ha analizzato il Libro di Neemia
indicando “sette stelle”. La prima è la lettura della Parola che deve risuonare nella
comunità; la spiegazione con la capacità di andare oltre la superficialità delle parole;
la comprensione che è “conoscenza saporosa” come diceva Maritain. A questi tre elementi
se ne aggiungono altri quattro, che sono l’ascolto e in ebraico ascoltare è anche
obbedire; la conversione e quindi le lacrime dei fedeli; l’impegno che genera l’ascolto
della Parola e infine la festa che è la liturgia. Ma c’è un aspetto che il cardinale
Ravasi, sollecitato dai suoi confratelli, ha voluto evidenziare: il silenzio di Maria:
“Nel
momento drammatico e tragico, quando perde completamente il Figlio, il momento nel
quale certo diventerà Madre in un’altra forma, tace, ma quel silenzio è il silenzio
della prova e della fede. Guardando Maria che tace e che parla in verità, con tutta
se stessa, parla per l’ultima volta e parla a tutti noi, invitandoci al silenzio”.
Ieri
nella meditazione pomeridiana, il porporato aveva affrontato il tema dell’amore fraterno,
esortando anche la comunità religiosa a ritrovare l’unità e la carità:
“Benedetto
XVI ci ha ricordato tante volte questo tema che tocca noi in maniera particolare.
Queste parole - ‘divisione’, ‘dissidi’, ‘carrierismi’, ‘gelosie’ - sono parte dell’esperienza,
del peso e della fatica dello stare insieme. Quante volte si sente persino - dobbiamo
confessarlo - questo veleno di gelosia ed invidia che comincia ad introdursi nei confronti
di un’altra persona. E anche quest’ultima, se sensibile, avverte di essere oggetto
di tali sentimenti”.
E in conclusione ha ricordato che il Signore è misericordioso
e pietoso. “Il perdono di Dio – ha detto il cardinale Ravasi - non ha confini”.