In Myanmar migliaia di persone vivono in campi di accoglienza inadeguati: l'impegno
di "Medici senza frontiere"
In Myanmar a otto mesi dagli scontri violenti tra la comunità buddista Rakhine e quella
musulmana dei Rohingya è ancora emergenza umanitaria. Migliaia sono le persone che
hanno perso le loro case e che ora vivono nei campi di fortuna, costruiti nelle risaie,
senza accesso all’assistenza medica di emergenza. Alessandro Filippelli ha
intervistato Barbara Maccagno responsabile medico dell’associazione Medici
Senza Frontiere:
R. - L’assistenza
sanitaria di base è legata appunto al fatto della mancanza di acqua. Abbiamo quindi
registrato casi di diarrea, oppure malattie infettive parassitarie e dermatosi, e
soprattutto nei bambini, episodi di infezioni respiratorie.
D. - Qual è la
situazione nei campi? La questione delle donne incinte è una delle tante emergenze
da affrontare…
R. - Purtroppo la situazione rimane ancora molto precaria. Ci
sono molte persone sfollate che hanno dovuto abbandonare le loro abitazioni e quindi
si trovano alloggiate in campi di accoglienza che non sono adeguati a ricevere ed
ospitare decine di migliaia di persone. La mancanza di acqua pulita o comunque potabile
rimane un problema che non è stato ancora risolto, e anche un’assistenza medica alle
donne gravide che sono presenti nei campi purtroppo rimane difficile ed inadeguata.
D.
- Dovete fare i conti con le ripetute minacce e le intimidazioni da parte di un gruppo
all’interno della comunità Rakhine. Nonostante questi gravi condizionamenti, come
pensate di poter far capire che "Medici senza frontiere" vuole solamente fornire assistenza
medica?
R. - La nostra organizzazione è piuttosto conosciuta nella zona, perché
effettivamente siamo presenti da più di dieci anni con dei progetti a lungo termine.
Quindi ci affidiamo al fatto che, le esperienze e le attività che abbiamo condotto
nel passato in favore della popolazione, possano in qualche modo agevolarci anche
in questa particolare situazione. Quindi continueremo ovviamente a cercare in tutti
i modi di poter avere dei contatti con i leader di queste comunità e dimostrare che
il nostro impegno rimane presente e continuerà per quanto ci sia possibile e per quanto
ci sarà consentito.