Il card. Sarah: è emergenza per i profughi siriani in Giordania. L'aiuto del Papa
In Giordania centinaia di profughi siriani si sono stretti intorno al card. Robert
Sarah, presidente del Pontificio Consiglio Cor Unum, in visita al campo profughi giordano
di Zarqa, in questi mesi divenuto uno dei principali luoghi di rifugio della popolazione
siriana in fuga dalla guerra. La visita è avvenuta a margine del Forum regionale delle
Caritas in Medio Oriente e Nord Africa, che si è conclusa ieri ad Amman che ha affrontato
proprio l’emergenza profughi. Appena rientrato a Roma dalla Giordania il card.
Sarah ha chiesto la fine del commercio delle armi che alimentano il conflitto
in Siria e spiega al microfono di Roberto Piermarini quali sono le emergenze
per i profughi:
R. – Soprattutto
quelle relative al cibo e ai vestiti, perché adesso fa freddo. Questo lo ho potuto
provare anche io. Ci sono anche tanti bambini e tante donne che hanno bisogno di sicurezza.
Penso che sarebbe fondamentale intervenire riguardo al cibo, alle medicine, all’abbigliamento
perché le temperature, in questo momento, sono abbastanza basse.
D. – Cosa
le hanno raccontato i rappresentanti della Chiesa locale che aiutano i profughi?
R.
– Io sono sempre molto riconoscente perché fanno un lavoro veramente difficile. Il
vescovo di Aleppo - ad esempio - fa molto, senza avere mezzi: chiede un aiuto per
il cibo, per i vestiti, per le medicine. Io ammiro il loro lavoro e anche per quanto
avviene in Libano: fanno un lavoro immenso avendo solo pochi mezzi. Ciò che mi ha
colpito è che cercano aiuto per la scuola, perché hanno tanti bambini, ma non hanno
alcun aiuto per affrontare la questione della scuola. Forse bisogna pensare anche
a questo in futuro: come trovare mezzi che permettano di far andare a scuola i bambini,
che sono tanti…
D. – Che cosa ha portato ai profughi?
R. – Il Santo
Padre aveva aggiunto una somma di 25 mila dollari per sostenere soprattutto la Caritas
Giordania, poiché lì metà della popolazione viene dalla Siria, dalla Palestina: metà
della popolazione del Paese non è giordana e quindi bisognava aiutare questa gente.
Così abbiamo portato questa somma di 25 mila dollari che, certo, è poco, ma i rappresentanti
sono stati molto riconoscenti, perché anche questo può aiutare ad affrontare il freddo,
le emergenze relative al cibo e alle medicine.
D. – Con i delegati delle Caritas
presenti al Forum, lei ha incontrato il Re Abdallah II di Giordania...
R. –
Ciò che più mi ha colpito è che ha apprezzato veramente il lavoro che svolge la Caritas
e non soltanto in Giordania. Il re non era in Giordania, si trovava a Mosca, ed è
tornato per incontrare i membri della Caritas del Medio Oriente e per dir loro quanto
sia contento del lavoro che svolgono e non soltanto in Siria, in Giordania o in Libano.
Ha anche insistito molto sul processo per ritrovare la pace: "senza la pace – ha detto
- continueremo ad accogliere ancora tanti rifugiati, ma non abbiamo i mezzi per poter
affrontare questa terribile affluenza di rifugiati". Ha parlato di una prossima visita
del presidente degli Stati Uniti e ha detto che questa sarà probabilmente l’ultima
chance per trovare la pace in questa regione. Il Re rimane molto neutro in questo
conflitto probabilmente perché la situazione è così tanto delicata che non gli permette
di intervenire in modo diretto, ma spera molto in questa visita del Presidente degli
Stati Uniti, perché forse permetterà di trovare una strada per un incontro tra i ribelli
e il governo e quindi ritrovare la pace. Il Re Abdullah spera che sarà così, anche
se per me questo sarebbe solo un miracolo!