Mons. Antoniazzi nuovo arcivescovo di Tunisi: portare la pace, ma anche i diritti
Il Papa ha nominato arcivescovo di Tunisi mons. Ilario Antoniazzi, del clero
del Patriarcato di Gerusalemme, finora parroco di Rameh in Galilea (Israele). Mons.
Antoniazzi è nato in Italia il 23 aprile 1948 a Rai, diocesi di Vittorio Veneto, provincia
di Treviso. Dopo aver frequentato le scuole elementari della sua città è entrato nell’Istituto
Missionario San Pio X di Oderzo, frequentando le scuole medie presso la Scuola Apostolica.
E’, quindi, entrato nel Seminario Minore della diocesi del Patriarcato di Gerusalemme
a Beit Jala nel 1962 e nel 1965 in quello Maggiore. Il 24 giugno 1972 è stato ordinato
sacerdote a Gerusalemme ed incardinato nella Diocesi del Patriarcato di Gerusalemme
dei Latini. Per venti anni ha svolto il servizio pastorale presso diverse sedi della
Giordania: dal 1972 al 1975 come vicario parrocchiale a San Pio in Zerqa; dal 1975
al 1976 come parroco “ in solidum” di Fuheis; dal 1976 al 1980 come vicario parrocchiale
a Marqa e dal 1980 al 1992 è stato parroco di Smakieh. Nel 1992 è stato inviato a
Roma per studiare presso l’Istituto Teresiano, conseguendo nel 1995 la Licenza in
Teologia Spirituale. Tornato nei territori del Patriarcato dal 1995 al 2005 è stato
parroco di Rameh (Galilea-Israele), mentre dal 2005 al 2007 di Reneh e, infine dal
2007 ricopre nuovamente l’incarico di parroco di Rameh. Sergio Centofanti lo
ha raggiunto telefonicamente a Rameh, chiedendogli come abbia accolto questa nomina:
R. - All’inizio
per me è stata un po’ una sorpresa. Ho accolto questo, con un sentimento di rispetto
per la fiducia che il Papa ha riposto in me, in un momento anche così difficile per
la diocesi di Tunisi. Ho accettato volentieri. Dopo tutto, è un segno di riconoscenza
anche per il Papa, per un servizio che mi ha chiesto e che spero di compiere proprio
con tutte le mie forze, facendo il più possibile il mio dovere con l’aiuto del Signore.
D.
- Lei è stato nominato da Benedetto XVI pochi giorni prima della fine del Pontificato.
Quali sono i suoi sentimenti?
R. - Papa Benedetto XVI è sempre stato un punto
di riferimento per me, per il suo insegnamento e per la sua umiltà. La sua rinuncia
ha fatto aumentare in me il rispetto verso di lui, perché ha mostrato davanti al mondo
intero una dimensione di libertà interiore e soprattutto un’umiltà che è di esempio
per molte persone. Io sono fiero di questo.
D. - Come vede la situazione in
Tunisia?
R. - Spero di essere un portatore di pace. Credo che la Chiesa, quando
si parla di pace, di amore, di perdono - ed è proprio questo forse quello di cui i
tunisini hanno più bisogno – abbia molto da insegnare basandosi sul Vangelo. Ed è
per questo che - credo - prima di tutto bisogna insistere sul ritorno al Vangelo per
i cristiani che sono presenti, affinché lo vivano, lo mettano in pratica, soprattutto
per ciò che riguarda l’amore, il rispetto e il perdono. Nello stesso tempo è importante
chiedere - con strumenti di pace - che ognuno veda rispettati i propri diritti, per
vivere tranquilli in pace, soprattutto tra i cristiani e i musulmani che vivono là.
Dunque, da una parte l’amore, il perdono, e dall’altra, con questi, chiedere i propri
diritti.
D. - Come vede il rapporto con l’islam in un momento in cui stanno
risorgendo anche alcuni fondamentalismi?
R. – Conosco molto bene l’islam perché
vivo in mezzo a loro da sempre. A parte certe persone estremiste, i semplici musulmani
sono buoni e ci si può capire facilmente con loro. Ho avuto anche io i miei problemi
sia in Israele, che in Giordania, però quando si ritorna al Corano per loro, ed al
Vangelo per noi, credo che ci siano molti punti comuni sui quali ci si può mettere
d’accordo. E se ci sono delle difficoltà, credo, che in base al Vangelo e al Corano
si possa arrivare ad un accordo e vivere serenamente. Non mi fa paura la situazione,
anche se da lontano, forse, mi impressiona un po’, non posso negarlo. Però quello
che ho è un piccolo timore, non è per niente paura. E soprattutto con la fiducia nel
Signore e con la sua grazia credo che si possa fare molto.
D. - Quali sono
le sue speranze?
R. - Che io possa essere prima di tutto un portatore di pace,
e presentare al mondo islamico nel quale vivo, e dove loro sono la maggioranza, un
Cristo che attira, un Cristo che è vicino non solo ai cristiani, ma anche ai musulmani
che vivono là. Che il Signore mi dia la forza e la luce per questo!