Benedetto XVI e la crisi economica: cambiare modello di sviluppo, non erodere diritti
sociali
“La crisi ci obbliga a riprogettare il nostro cammino, a darci nuove regole e a trovare
nuove forme di impegno”: è uno dei passaggi chiave dell’Enciclica Caritas in veritate
di Benedetto XVI. Lo sviluppo umano integrale della persona e dei popoli, in un
tempo di grave crisi economica, è stato proprio uno dei temi caratterizzanti del Pontificato
di Joseph Ratzinger. Nel servizio di Alessandro Gisotti ricordiamo alcuni interventi
e documenti del Magistero sociale di Benedetto XVI:
“Non bisogna
rassegnarsi allo spread del benessere sociale, mentre si combatte quello della finanza”.
E’ questa, sicuramente, una delle affermazioni di Benedetto XVI che resteranno nella
memoria collettiva. Nel solco della Dottrina sociale della Chiesa, Papa Ratzinger
ha offerto la sua originale visione per un autentico sviluppo dei popoli. Una sfida
resa ancor più urgente dalla crisi economica più grave che il mondo stia affrontando
dopo la Grande Depressione del ’29. Fin dai primi passi del suo ministero, Benedetto
XVI chiede a tutti il “coraggio della fraternità” e il cambiamento degli stili di
vita e dei modelli di sviluppo nella direzione della sobrietà. Serve, è il suo monito,
“una nuova sintesi tra bene e mercato, tra capitale e lavoro”:
“Per superare
la crisi economica e sociale che stiamo vivendo, sappiamo che occorre uno sforzo libero
e responsabile da parte di tutti; è necessario, cioè, superare gli interessi particolaristici
e di settore, così da affrontare insieme ed uniti le difficoltà che investono ogni
ambito della società, in modo speciale il mondo del lavoro”. (Udienza alla Cisl,
31 gennaio 2009)
Per uscire dalla crisi mondiale, ne è convinto il Papa, c’è
bisogno di “una nuova cultura della solidarietà e della partecipazione responsabile,
condizioni indispensabili per costruire insieme” l’avvenire del pianeta. La summa
del suo Magistero sociale è contenuta nella Caritas in veritate. L’Enciclica,
pubblicata nel 2009 in piena crisi globale, diventa un best seller che carpisce
l’attenzione anche degli operatori di Wall Street. Il Papa invoca un’economia al servizio
della persona e, a 40 anni dalla Populorum progressio di Paolo VI, ribadisce
che lo sviluppo dei popoli deve essere integrale. In tale contesto, osserva che all’origine
della crisi economica c’è una crisi etica, antropologica:
“Si conferma nella
crisi attuale economica quanto è già apparso nella precedente grande crisi, che la
dimensione etica non è una cosa esteriore ai problemi economici, ma una dimensione
interiore e fondamentale. L’economia non funziona solo con una autoregolamentazione
mercantile, ma ha bisogno di una ragione etica per funzionare”. (Colloquio con
i giornalisti, volo verso Madrid, 18 luglio 2011)
Troppo spesso, avverte parlando
al Corpo diplomatico nel gennaio scorso, “è stato assolutizzato il profitto, a scapito
del lavoro” e ci si è “avventurati senza freni sulle strade dell’economia finanziaria,
piuttosto che di quella reale”. Occorre allora “recuperare il senso del lavoro”, resistere
“alle tentazioni degli interessi particolari” per “orientarsi in direzione del bene
comune”. Del resto, più volte Benedetto XVI ha sottolineato durante il suo Pontificato
che il cambiamento di rotta è ineludibile:
“Siamo disposti a fare insieme
una revisione profonda del modello di sviluppo dominante per correggerlo in modo concertato
e lungimirante? Lo esigono, in realtà, più ancora che le difficoltà finanziarie immediate
lo stato di salute ecologica del pianeta e, soprattutto, la crisi culturale e morale”.
(Omelia 1 gennaio 2009)
Le parole più forti sulla necessità di cambiare
modello di sviluppo, il Papa le scrive probabilmente nell’ultimo Messaggio per la
Giornata della Pace. Benedetto XVI critica con forza “le ideologie del liberismo radicale
e della tecnocrazia” secondo le quali “la crescita economica sia da conseguire anche
a prezzo dell’erosione della funzione sociale dello Stato” e dei diritti sociali,
tra cui il più minacciato è il lavoro. Il Papa chiede una “strutturazione etica dei
mercati monetari e finanziari”. E al mondo sviluppato rammenta che per quanto grave
sia la crisi finanziaria ben più drammatica è la crisi alimentare che affama interi
popoli. I cristiani, ad ogni livello, sono chiamati a rispondere a questa sfida. Come
Giovanni Paolo II, dunque, anche Benedetto XVI auspica una “globalizzazione della
solidarietà”, sottolineando l’unità della famiglia umana:
“I cristiani hanno
il dovere di denunciare i mali, di testimoniare e tenere vivi i valori su cui si fonda
la dignità della persona e di promuovere forme di solidarietà che favoriscono il bene
comune, affinché l’umanità diventi sempre più famiglia di Dio” (Discorso alla
Fondazione Centesimus Annus, 15 ottobre 2011)