Terra Santa: iniziativa della Chiesa contro il Muro a Cremisan
“Siamo fiduciosi. Gli avvocati hanno rappresentato molto bene la situazione esponendo
le nostre ragioni, evidenziando come questo muro metterà a repentaglio la vita della
nostra comunità cristiana e fornendo un’ampia documentazione a sostegno. Non ci resta
che confidare nel Signore perché illumini le menti di coloro che sono chiamati a decidere
e quelle dei nostri avversari in Tribunale, ovvero l’esercito d’Israele”. Così padre
Ibrahim Shomali, parroco di Beit Jala, villaggio palestinese a maggioranza cristiana,
commenta all'agenzia Sir quanto accaduto il 12 febbraio scorso, giorno dell’ultima
udienza del caso “Cremisan”, la valle sui cui dovrebbe sorgere il muro israeliano
per collegare le tre colonie israeliane, Gilo, Har Gilo e Givat Hamatos, che circondano
Beit Jala. Il passaggio della barriera, se approvata, taglierà di fatto in due le
terre di Cremisan, con effetti devastanti per la già debole economia palestinese.
A repentaglio, oltre alle terre, uliveti, vigneti per cui Cremisan è famosa, e anche
posti di lavoro e scuole, quelle delle religiose salesiane. Dal 1° ottobre 2011, la
comunità cristiana locale si raduna in questi terreni, a rischio esproprio, intorno
a padre Ibrahim per celebrare, ogni venerdì, una messa, “perché la nostra terra abbia
giustizia. Ritrovarci qui tutti insieme significa ribadire che dalle nostre terre
non ce ne andremo mai”. All’udienza erano presenti anche rappresentanti di molti Paesi
internazionali (Germania, Francia, Onu su tutti), che, dichiara il parroco, “speriamo
possano fare le giuste pressioni su Israele affinché cambi idea sul muro. Non è sufficiente
essere al nostro fianco bisogna anche dare concretezza a questa vicinanza. La questione
del Muro non riguarda solo pochi Paesi, ma tutto il mondo, e anche la Chiesa”. (R.P.)