Esercizi spirituali. Il cardinale Ravasi: il Papa intercederà come Mosè per il popolo
di Dio
Sono, dunque, iniziati ieri sera, nella Cappella Redemptoris Mater in Vaticano, gli
Esercizi spirituali quaresimali per il Papa e la Curia Romana. Gli Esercizi, che termineranno
sabato 23, sono predicati dal cardinale Gianfranco Ravasi, presidente del Pontificio
Consiglio della Cultura, sul tema “Ars orandi, ars credendi. Il volto di Dio e il
volto dell’uomo nella preghiera salmica”. Il servizio di Sergio Centofanti:
Gli esercizi
sono iniziati con l’esposizione eucaristica, seguita dai Secondi Vespri della prima
Domenica di Quaresima. Quindi, la prima meditazione del cardinale Ravasi che ha proposto
un’immagine biblica per rappresentare il futuro della presenza di Benedetto XVI nella
Chiesa, una presenza contemplativa, come quella di Mosè che sale sul monte a pregare
per il popolo d'Israele che giù nella valle combatte contro Amalek:
“Questa
immagine rappresenta la funzione principale – sua - per la Chiesa, cioè l’intercessione,
intercedere: noi rimarremo nella ‘valle’, quella valle dove c’è Amalek, dove c’è la
polvere, dove ci sono le paure, i terrori anche, gli incubi, ma anche le speranza,
dove lei è rimasto in questi otto anni con noi. D’ora in avanti, però, noi sapremo
che, sul monte, c’è la sua intercessione per noi”.
Il porporato ha poi
invitato ad entrare nella prima meditazione facendo silenzio nell'anima, liberandosi
dai tanti rumori della vita quotidiana:
"Penso che anche per noi gli Esercizi,
questi momenti, sono un po’ come liberare l’anima dal terriccio delle cose, anche
dal fango del peccato, dalla sabbia delle banalità, dalle ortiche delle chiacchiere
che, soprattutto in questi giorni, occupano ininterrottamente le nostre orecchie”.
Nella meditazione ha affrontato il tema della preghiera nei Salmi, sottolineando
4 verbi: pregare è respirare, perchè la preghiera è come l'aria per la nostra vita;
pregare è pensare, è conoscere Dio, come faceva Maria che custodiva gli eventi nel
suo cuore; pregare è anche lottare con Dio, soprattutto quando si è nell'aridità,
nel buio della vita, quando eleviamo in alto il nostro grido disperato, che può sembrare
anche blasfemo; pregare, infine, è amare, poter abbracciare Dio. E la preghiera spesso
- ha concluso il cardinale Ravasi - è un incrocio silenzioso degli occhi tra due innamorati:
"Voi
sapete bene – lo diceva il grande Pascal – che nella fede, come nell’amore, i silenzi
sono molto più eloquenti delle parole. Due innamorati veri, quando hanno esaurito
tutto l’arsenale dei luoghi comuni del loro amore, ripetendosi lo stereotipo anche
dell’amore, se sono veramente innamorati, si guardano negli occhi e tacciono”.