Siria: l’Europa discute della possibilità di fornire armi ai ribelli proposta da Londra
In Siria, prosegue senza sosta l’esodo dei civili in seguito agli scontri tra esercito
e ribelli in varie zone del Paese. La situazione sarà al centro del Consiglio dei
ministri degli Esteri europei, in programma lunedì prossimo a Bruxelles. In cima all’agenda,
c’è il rinnovo del pacchetto di sanzioni deciso a novembre, che scade a fine mese.
Tuttavia, secondo fonti diplomatiche, si discuterà anche della proposta britannica
di modificare l’embargo delle armi in modo da poter rifornire l’opposizione. Sulla
questione, Eugenio Bonanata ha raccolto il parere di MariaGrazia
Enardu, docente di Storia delle relazioni internazionali all’Università di Firenze:
R. - Gli europei,
e in questo caso gli inglesi, hanno finalmente preso atto del fatto che non solo in
Siria arrivano armi - e tante - ma che l’unico modo che hanno per favorire quei gruppi
con cui domani l’Europa o gli occidentali possono avere rapporti è fare in modo che
le armi arrivino anche a loro, e non a gruppi legati invece a movimenti fondamentalisti
o comunque considerati eversivi.
D. - Pare che la reazione della Francia sia
stata tiepida...
R. - Noi parliamo sempre di Siria. Però, quando si parla di
Francia o di Europa bisogna anche pensare al Libano. Da parte di tutti c’è estrema
prudenza, perché il destino della Siria rischia poi di influenzare quello del Libano
e la Francia - che è stata potenza mandataria nei due Paesi - conosce benissimo le
complicazioni, la frammentazione di quella società, e quindi è prudente con perfetta
nozione di causa.
D. - Secondo lei, questa situazione in Europa può acuire
le spaccature in Siria?
R. - Tutta l’opposizione siriana è estremamente frammentata:
non solo i movimenti di ideologie contrastanti, ma anche e soprattutto tra chi sta
dentro il Paese e combatte - teniamo presente che c’è largo spazio per i comandanti
militari - e chi sta fuori, da esule, e poi spera di tornare e in qualche modo governare
la situazione. Come tutte le situazioni sul campo, questa si evolve con una sua dinamica.
D.
- Tra l’altro, l’opposizione proprio in queste ore ha lanciato un appello ai dissidenti
all’estero, chiedendo di tornare per amministrare le zone liberate…
R. - Si
spera che tornino in modo migliore di quanto non abbiano fatto gli esuli, che rientrarono
in Iraq senza conoscere più il Paese da cui erano partiti.
D. - A livello internazionale,
la Russia ha ribadito che non è più in grado di dialogare con Assad. Quali saranno
le conseguenze?
R. - La Russia ormai da settimane - se non addirittura da mesi
- se ne è praticamente lavata le mani. Però, ha anche uomini e corposi interessi e
sta cercando letteralmente una via d’uscita. È possibile che nelle prossime settimane
Russia, Unione Europea o comunque Paesi occidentali, collaborino in questo senso anche
senza farlo sapere troppo.
D. - Intanto, sul terreno i profughi aumentano ogni
giorno: 180 mila quelli registrati ufficialmente solo in Turchia…
R. - I profughi
sono una marea e stanno mettendo in crisi Paesi deboli come la Giordania. Sarebbe
interessante, ma non se ne parla, qual è la composizione etnica dei profughi: se quelli
a partire sono in maggioranza alawiti, sciiti, sunniti o cristiani o altri ancora,
perché si sta operando nel Paese una sorta di pulizia etnica che domani diventerà
la nuova Siria.