L'Islanda si appresta a diventare la prima democrazia occidentale a censurare del
tutto la pornografia online. Il Paese nordico, che conta poco meno di 320 mila abitanti,
sta promuovendo misure per impedire la visione e il download di video e immagini
pornografiche dal computer di casa, dalla console portatile e dallo smartphone.
Si vuole tutelare la salute e il benessere di bambini, adolescenti e donne, dichiara
il ministro degli Interni, Ögmundur Jónasson, spiegando che “in particolare la pornografia
violenta ha effetti molto nocivi sui giovani e può avere un evidente collegamento
con i casi di crimine violento sulle donne”. Delle possibilità tecniche di realizzare
i blocchi ai siti hard, Fausta Speranza ha parlato con Marco Lombardi,
docente di Politiche della sicurezza presso l’Università del Sacro Cuore di Milano:
R. – Io credo
sia estremamente difficile, per una molteplicità di ragioni. Innanzitutto, sul piano
tecnologico, riuscire a mettere dei filtri efficaci sulla Rete per oltrepassare i
blocchi è solo questione di tempo, a mio parere. Un filtro può essere "perforato"
da chi ha una certa abilità. Poi, c’è un problema ideologico, a mio vedere: nel momento
in cui si cerca di bloccare la Rete, tutto il mondo della Rete insorge, perché per
definizione la Rete deve essere libera. Quindi, indipendentemente da quello che si
cerca di bloccare, non si fa un discorso sul merito, ma sulla presupposta libertà
che la Rete deve avere. C’è, quindi, un ostacolo ideologico. Poi, c’è anche un ostacolo
normativo, perché uno dei grossi problemi che si stanno affrontando è quello di capire
chi ha diritto di “normare” lo spazio virtuale. Le nostre sono leggi che si basano
ancora sull’idea di Stato territoriale. La Rete è invece qualcosa che viaggia tra
gli Stati, che hanno un territorio, e si pone altrove. Io sono quindi molto scettico
che si riesca, per queste tre ragioni – tecnologica, ideologica e normativa – a fare
qualcosa di efficace, che blocchi i percorsi in Rete.
D. – Precisamente, si
parla di bloccare l’accesso ai siti hard e rendere illegale l’uso delle carte
di credito islandesi, per accedere agli indirizzi a pagamento delle pagine con contenuto
offensivo...
R. – Dura poco, se anche si riesce. Alcuni Paesi lo hanno già
effettuato e in alcuni Emirati Arabi è già così. Significa avere delle liste di web
che vengono filtrate a livello nazionale. La porta di servizio si trova, però, molto
rapidamente. Quindi, si supereranno i filtri e sarà del tutto inutile.
D.
– Può, comunque, avere questo provvedimento del governo islandese il valore di una
provocazione che riapre il dibattito?
R. – Sicuramente sì. Direi che valga
la pena pensarci, indipendentemente dalla specifica focalizzazione sulla pornografia.
Credo sia importante un dibattito intorno ad Internet, fatto con calma e non con tanta
spinta ideologica. Capire chi ha diritto di “normare”, chi ha diritto di controllare
per lo meno quali sono i confini del territorio virtuale, credo sia un ragionamento
opportuno da fare. Tanta della nostra cultura, tutte le nostre relazioni oggi passano
attraverso la Rete e di conseguenza una riflessione adeguata sui fruitori della stessa,
assieme a chi dovrebbe governarla, credo sia opportuno. Se vuole una conclusione ultima,
però, direi che alla fine, in questo territorio ci vuole consapevolezza e ci vuole
capacità da parte di chi questi territori li percorre. Intendo dire, gli utenti della
rete devono essere educati ad assumere la loro responsabilità mentre camminano, fanno
browsing attraverso la Rete. Io sono sempre più convinto, dunque, che in questi
nuovi territori più che le norme restrittive contino le politiche educative.
D.
– Proprio anche dal punto di vista dell’utente, può essere importante ricordarsi che
queste imprese, le imprese di pornografia, risultano essere le più redditizie sul
web. Forse, quindi, anche come valore culturale dovremmo interrogarci su cosa ci facciamo
con lo strumento tecnologico della Rete, che come tutti gli strumenti può avere usi
diversi...
R. – Assolutamente sì e non dimentichiamo anche – lei ha usato la
parola strumento tecnologico – che siamo all’interno di strumenti o di sistemi che
sono socio-tecnici. Ricordiamo che le tecnologie non hanno la responsabilità ultima.
la responsabilità ultima ce l’ha chi usa le tecnologie. Sta agli uomini che navigano
nella Rete assumersi le loro responsabilità.