Diritti infanzia: Rapporto Unicef sul ruolo del garante in oltre 70 Paesi
“In difesa dei diritti dell’infanzia. Uno studio globale sulle istituzioni indipendenti
dei diritti umani per l’infanzia”. È il tema di uno studio dell’Unicef presentato
ieri a Firenze, nell’ambito di un Convegno internazionale organizzato dalla stessa
agenzia dell’Onu e dalla regione Toscana. Ma qual è il mandato dei garanti delle altre
figure per la tutela dei minori? Marco Guerra lo ha chiesto alla dott.ssa
Vanessa Sedletzki, curatrice del rapporto dell’Unicef:
R. – I garanti
e le agenzie per l’infanzia hanno un mandato molto specifico e unico nel sistema politico
nazionale. I sistemi politici di solito sono fatti d’istituzioni, che hanno il potere
di decidere, come il tribunale, il parlamento, il governo. Mentre le istituzioni per
l’infanzia aiutano gli altri a fare meglio il loro lavoro: non decidono, quindi, per
sé, ma cercano di influire sulla decisione degli altri e di aiutarli a lavorare meglio
l’uno con l’altro. Per questo, si dice che sono indipendenti – e lo sono nella maggior
parte dei Paesi – perché mantengono appunto questa distanza tra le istituzioni e sono,
quindi, in grado di aiutare, parlare con tutti e farli funzionare meglio.
D.
– Nei Paesi dove non esiste un’istituzione che tuteli l’infanzia, qual è la situazione?
R.
– Una delle conclusioni interessanti di questo studio, la ragione per cui l’abbiamo
fatto, è precisamente che queste istituzioni esistono in tutte le parti del mondo,
in tutti i continenti, sia nei Paesi ricchi che nei Paesi più poveri e in via di sviluppo.
Anche se non esistono ovunque, i nostri dati ci dicono che sono 73 i Paesi ad avere
queste istituzioni, le quali sono state create perché i governi hanno trovato giusto
dare ai bambini l’opportunità di avere un’istituzione che difenda i loro diritti.
La cosa che dobbiamo ricordare è che i bambini non hanno il diritto di votare, non
hanno la possibilità, come gli adulti, di partecipare alla decisione politica e, quindi,
le decisioni per loro sono prese dagli adulti. Può essere anche giusto, ma è importante
avere nel sistema politico un’istituzione che sia in grado e abbia il mandato preciso
di difendere i loro interessi.
D. – Spesso nelle controversie sull’infanzia,
l’adulto continua a mettere al centro i suoi bisogni...
R. – La Convenzione
sui diritti dell’infanzia dice precisamente, all’art. 3, che l’interesse del bambino
deve essere una considerazione primaria nelle decisioni che riguardano i minori. E’
un principio trasversale in tutta la Convenzione e quindi questo principio dell’interesse
superiore del bambino si applica in tutti gli ambiti. Queste istituzioni hanno proprio
come mandato quello di difendere tale principio, ma ci sono altri attori che fanno
un lavoro molto importante in questo ambito. Penso a tutte le associazioni e alla
società civile.
D. – Nel mandato di queste istituzioni, quali sono le questioni
più problematiche?
R. – Queste istituzioni lavorano su ambiti diversi, molto
diversi, secondo il Paese in cui sono state istituite: è ovvio che la situazione dell’infanzia
in Uganda è molto diversa dalla situazione dell’infanzia in Italia o in Svezia. Per
esempio, in Inghilterra, in Canada, in Nuova Zelanda e in Australia c’è un problema
di esclusione forte di certi bambini, oppure i bambini indigeni in popolazioni che
hanno tante difficoltà e che sono povere. Se parliamo di Paesi in guerra, sono tanti
i programmi che prevedono visite ai bambini nei campi per rifugiati o per controllare
le frontiere e assicurarsi che non ci sia traffico di minori. In Francia, di recente,
hanno pubblicato il Rapporto “I bambini e lo schermo”. La cosa bella di queste istituzioni
è che magari a livello internazionale ci sono strumenti che dicono come vanno create,
ma restano realtà nazionali che operano dentro il Paese e interagiscono con il suo
ambiente, per portare avanti la causa dei bambini.