E' sangue in Siria, dove nelle ultime 24 ore si contano oltre oltre 100 morti. A seguito
di intensi combattimenti i ribelli hanno espugnato una base militare strategica nei
pressi dell’aeroporto di Aleppo. Intanto, mentre decine di membri dell’esercito hanno
disertato, l’ONU - assieme alla mezza luna rossa - ha completato la seconda consegna
di aiuti umanitari diretti a migliaia di sfollati della zona nord-est sotto il controllo
dei ribelli. Sulla situazione nel Paese ascoltiamo, nell’intervista di Davide
Maggiore, l’appello di don Nandino Capovilla, coordinatore nazionale di
Pax Christi:
R. – Gli aggettivi
ci mancano e quello di cui davvero in questa giornata dobbiamo prendere atto è che
le parole sono poca cosa rispetto alla situazione drammatica e disastrosa, in particolare
della popolazione. E’ proprio la popolazione quella che ci sta più a cuore. Pax Christi
International, in questo caso, oltre che monitorare la situazione attraverso i luoghi
delle Nazioni unite e dell’Unione europea, deputati a questo, conosce e ha contatti
direttamente con siriani che in situazioni molto diverse ci danno lo spessore della
tragedia in corso.
D. – In corrispondenza con questa Quaresima, Pax Christi
ha lanciato una campagna che si incentra sullo slogan “Il pane è vita”. Perché?
R.
– Il segno tragico – lo abbiamo visto più volte, purtroppo – è stato quello dei bombardamenti
deliberati ai forni del pane. La sofferenza della popolazione è stata moltiplicata
da questi gesti e noi vogliamo proprio dare un segnale che parte però dalla nostra
vita, dal dire: “Noi che abbiamo sulla tavola il pane quotidiano, non possiamo davvero
non caricarci della sofferenza del popolo siriano e supplicare Dio per il dono della
giustizia e della pace e soprattutto perché questo passaggio del popolo siriano possa
davvero liberare energie di bene, attraverso questo segno della vita, il segno del
pane”.
D. – Come i cristiani in tutto il mondo possono quindi, durante questa
Quaresima, dare una testimonianza di vicinanza alla sofferenza terribile del popolo
siriano?
R. – Per noi, ancora una volta, è straordinario il segno del digiuno:
quel digiuno che ha attraversato la storia dei credenti, delle Chiese e anche di tantissime
donne e uomini di buona volontà che hanno messo il loro corpo e la loro vita come
motore di solidarietà, per attivare un sentire diverso, che riconosce l’unica appartenenza
alla stessa famiglia umana. Il digiuno per noi è il motore che accende questo e, in
seconda battuta, la possibilità di lanciare messaggi che raccoglieremo e diffonderemo
direttamente ai nostri contatti in Siria.