Cina: altri due giovani tibetani si danno fuoco in segno di protesta contro Pechino
L’agenzia AsiaNews riporta che ieri altri due giovani tibetani si sono dati fuoco
per protestare contro Pechino. Dendup Gopchep, 30 anni, monaco della comunità tibetana
in esilio in Nepal, ha compiuto il drammatico gesto di protesta durante le manifestazioni
per il capodanno lunare, organizzate davanti alla Stupa di Boudhanath, uno dei siti
religiosi buddisti più venerati al mondo. Il giovane è morto nell’ospedale di Tribhuwan
a Kathmandu, capitale del Paese. E' inoltre deceduto il monaco che si era auto-immolato
davanti alla Stupa. Solo ieri è stata diffusa la notizia che lo scorso 3 febbraio,
un ex monaco del monastero di Kirti, Lobsang Namgayl di 37 anni, si è immolato davanti
a una stazione di polizia nella prefettura di Aba, nello Sichuan, Cina meridionale,
ed è morto subito dopo a causa delle ustioni. Nel 2012 era stato arrestato e picchiato
dalla polizia per aver partecipato a una manifestazione contro il governo cinese.
Secondo fonti locali, l’uomo, prima di suicidarsi, ha chiesto il ritorno del Dalai
Lama, augurandogli lunga vita. Sempre fonti del luogo affermano che i tibetani nascondono
le auto-immolazioni per timore di ritorsioni da parte delle autorità cinesi. Dopo
la morte di Namgyal, le forze dell’ordine hanno arrestato il fratello minore, mentre
i familiari sono stati messi sotto stretta sorveglianza, per paura di proteste. L’8
febbraio scorso, il tribunale del Popolo della provincia nord-occidentale del Qinghai
ha condannato a 13 anni di carcere un tibetano, accusato di aver “incitato” un monaco
buddista a darsi fuoco in segno di protesta contro la Cina, per chiedere il ritorno
del Dalai Lama in Tibet. Con questi ultimi due episodi, i casi di auto-immolazione
salgono a 101 dal 2009, di cui 85 fatali. (V.C.)