Il rabbino Rosen: Benedetto XVI ha consolidato le conquiste nei rapporti tra ebrei
e cattolici
Una decisione coerente e un Pontificato che nel dialogo interreligioso come nella
difesa della pace lascia un segno indelebile: è quanto afferma da Gerusalemme il rabbino
David Rosen, consigliere del Gran Rabbinato di Israele e direttore dell'Istituto
Heilbrunn per la comprensione religiosa internazionale. Ascoltiamolo al microfono
di Gabriella Ceraso:
R. – I’m greatly
surprised... Sono rimasto fortemente sorpreso dall’annuncio di Papa Benedetto XVI,
anche se riflettendoci non mi è sembrata una cosa lontana da lui, perché lo aveva
già detto in passato che pensava che se un Papa non fosse nelle condizioni di poter
esercitare il suo dovere in modo adeguato, dovrebbe potersi dimettere. Pur essendo
stata espressa già in passato, pure è arrivata come una sorpresa, quando l’ha annunciata.
D. – Molte persone nel mondo hanno parlato di coraggio ed umiltà da parte
del Papa. Cosa ne pensa lei?
R. – It is a courageous decision and it does show... E’
una decisione coraggiosa e mostra davvero un approccio genuino al Pontificato come
servizio: quindi, non un approccio autoritario, ma un approccio che vede la responsabilità
del servizio alla sua comunità, dei suoi fedeli e al mondo. E penso che Papa Benedetto
abbia cercato in maniera suprema di essere coerente, da questo punto di vista.
D.
- Che impulso ha dato il Papa nel dialogo interreligioso?
R. – In the Jewish
community... Nella comunità ebraica sarà sempre ricordato come l’uomo che ha consolidato
le innovazioni di Giovanni Paolo II. Penso che sia molto importante. Lo disse sin
dall’inizio, nelle sue prime parole, che avrebbe continuato il cammino di Giovanni
Paolo II. La sua prima visita ad un luogo di preghiera diverso è stata la Sinagoga
in Colonia; poi ha ricevuto delegazioni ebree e poi, soprattutto, ha seguito le orme
di Giovanni Paolo II con la sua prima visita alla Sinagoga di Roma, e con la sua
visita in Terra Santa dove aveva incontrato i leader politici e religiosi israeliani.
Questo è stato molto importante, perché prima si poteva dire che le azioni di Giovanni
Paolo II fossero idiosincratiche, di un uomo che aveva una storia personale particolare,
di coinvolgimento con la comunità ebraica fin dall’infanzia. Ora, Benedetto XVI che
ha fatto le stesse cose che aveva fatto Giovanni Paolo II, e forse per alcuni aspetti
addirittura andando oltre, certamente in fatto di quantità e forse anche di qualità
del suo impegno personale, ha quasi intessuto le sue azioni nella struttura della
Chiesa. Infatti, non sono state le azioni di un individuo, ma l’opera della Chiesa.
E penso che, da questo punto di vista, egli abbia costituito una sorta di modello
per il suo successore. Quindi, penso che guarderemo indietro al Pontificato di Papa
Benedetto XVI come molto significativo per aver consolidato le conquiste straordinarie
nell’ambito dei rapporti tra ebrei e cattolici.
D. – Il Papa - un Papa tedesco
- ha visitato Auschwitz. Una presenza fortemente simbolica per la sua comunità, un
segno importante per quelli che verranno dopo di lui...
R. – Well, again he
was going in the footsteps of John Paul II ... Anche in questo caso, egli ha ricalcato
le orme di Giovanni Paolo II, e in questo senso io non credo che né lui né la comunità
ebraica la abbiano considerato come una grande, nuova frontiera raggiunta. Certamente
il fatto che egli fosse un Papa tedesco non era indifferente, ma credo che fosse piuttosto
una conferma di Giovanni Paolo II piuttosto che una grande novità. Certamente, una
grande differenza è rappresentata dalle loro personalità: Giovanni Paolo II era molto
estroverso, un grande comunicatore, l’uomo del popolo. Papa Benedetto XVI è un professore,
è più a suo agio nel mondo delle idee e dei libri che nei convegni sociali. E penso
spesso che da parte sua ci sia una mancanza d’interesse nei confronti dei gesti “eclatanti”:
spesso le azioni di Giovanni Paolo II sono passate in maniera più visibile e potente,
ma non credo che Benedetto XVI si sia sentito meno coinvolto e sincero nelle azioni,
pur essendo queste compiute in termini più modeste e in tono minore.
D. – Il
Papa ha visitato anche Israele: cosa è rimasto, nel suo Paese, di questa presenza
in quanto a pace e dialogo?
R. – In his visit to Israel, Pope Benedict went
further … Nella sua visita in Israele, Papa Benedetto è andato oltre nella questione
dei rapporti interreligiosi, nell’incoraggiamento della collaborazione interreligiosa,
e questo è stato molto importante. Ma nonostante il suo pur importante messaggio di
pace, la realtà sul terreno non è cambiata: la realtà sul terreno richiede una visione
politica che determini un cambiamento.
D. – Qual è il suo augurio personale
per questo periodo di transizione, ma anche per il futuro della Chiesa nel mondo?
R.
– There are two wishes... Sono due gli auguri. Da amico della Chiesa, il primo
augurio è che la Chiesa sia guidata con lo stesso impegno di cui ha potuto godere
negli ultimi tempi. Dal mio punto di vista specifico, come rabbino e come persona
coinvolta nei rapporti tra ebrei e cattolici, io prego che il successore di Benedetto
XVI sia una persona che senta, in questo campo, lo stesso impegno che ha sentito lui
e che ha sentito Giovanni Paolo II.