2013-02-13 14:58:54

Berlinale, proiettato "Camille Claudel" di Bruno Dumont


Immerse in un freddo che paralizza le corde vocali, le attività della 63.ma Berlinale proseguono, con un mercato del film affollatissimo e un pubblico fedele che, nonostante il gelo polare, attende pazientemente di entrare nelle sale. Anche il concorso internazionale non cambia marcia, alternando film professionalmente corretti ma senza alcun guizzo di creatività - come "Layla Fourie" di Pia Marais, "Side Effects" di Steven Soderbergh e "Before Midnight" di Richard Linklater - e opere forse imperfette dal punto di vista formale, ma assolutamente necessarie sul piano etico e di comprensione del mondo. Fra queste ultime si segnalano all’attenzione "Child’s Pose" di Calin Peter Netzer, "Pardé" di Jafar Panahi e Kamboziya Partovi e "Camille Claudel" 1915 di Bruno Dumont. Il primo, ritratto di una madre che tenta con ogni mezzo di salvare il figlio, colpevole di avere investito e ucciso un bambino, si inserisce nella linea semidocumentaristica seguita dal cinema rumeno contemporaneo. Come in "La morte del signor Lazarescu" di Christi Puiu, o "Quattro mesi tre settimane e due giorni" di Christan Mungiu, la macchina da presa segue meticolosamente gli avvenimenti di una notte e del giorno successivo. Fra pressioni sui giudici del processo e tentativi di corruzione dei testimoni, il film si avvia implacabile verso la constatazione del potere intangibile di una classe dirigente non diversa da quella che decideva le sorti della Romania socialista e al contempo ci consegna il ritratto feroce di un’umanità senza imperativi morali. Anche il protagonista di "Pardé" è ostaggio del suo paese. Ispirato alle vicende reali che condizionano la vita del suo regista, Jafar Panahi, costretto agli arresti domiciliari per le sue posizioni critiche verso il regime iraniano, il film racconta la prigionia paranoica di uno scrittore, obbligato a confrontarsi con i suoi personaggi e le sue paure fra le quattro pareti di una villa ai bordi del Mar Caspio. Opera dalle dinamiche pirandelliane, "Pardé" è come una tela di Penelope, che si fa e si disfa continuamente. Animato da un gruppo di bravi attori (fra cui il regista stesso) e da un cane formidabile, protagonista di una delle scene più forti viste alla Berlinale, il film ci ricorda che il cinema non è solo un mezzo di divertimento, ma anche e soprattutto uno strumento di coscienza civile. Arte e etica sono anche alla base di "Camille Claudel" 1915. Qui siamo agli ultimi bagliori di quella che fu definita la belle époque, alla viglia della Prima Guerra mondiale, immersi in un tempo di grandi tensioni. Di una tale dinamica fanno parte le vicende di Camille Claudel, artista plastica già amante di un celebre scultore come Auguste Rodin, e di suo fratello Paul, scrittore attratto dal misticismo. Ambientato in un manicomio, dove l’artista è rinchiusa, il film si gioca tutto sul volto e lo sguardo intenso della sua protagonista, Juliette Binoche, sul suo rapporto con la materia, sul dialogo con fratello, sull’impossibile confronto fra le cose del mondo e quelle dello spirito. (Da Berlino, Luciano Barisone)







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